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Un referendum contro il turismo di massa a Lisbona – Alessandro Lubello


L’8 novembre un gruppo di cittadini e associazioni riuniti nel Movimento referendo pela habitação ha presentato all’Assembleia municipal di Lisbona circa 6.500 firme di elettori residenti nella capitale portoghese che chiedono lo svolgimento di un referendum per l’abolizione degli alojamento local, gli appartamenti dati in affitto per vacanze temporanee. In base al regolamento comunale, bastano cinquemila firme per chiedere un referendum. L’obiettivo è fare in modo che tutti gli alloggi usati oggi per fini turistici a Lisbona (circa 19mila) tornino sul mercato come abitazioni in vendita o in affitto, una soluzione considerata dagli attivisti indispensabile per alleggerire la grave crisi abitativa che colpisce da anni la capitale e il resto del paese (di recente ne abbiamo parlato in quest’articolo).

La proposta, spiega il settimanale Expresso, sarà esaminata dall’assemblea cittadina, che costituirà una commissione ad hoc. Secondo José Romano, capo di gabinetto del presidente dell’Assembleia municipal, la commissione dovrebbe pronunciarsi sull’ammissibilità del quesito entro la prima metà di dicembre. A quel punto sarà necessario il pronunciamento del Tribunal constitucional. Successivamente il presidente della Câmara municipal, Carlos Moedas, conservatore del Partido social democrata (Psd), avrà cinque giorni di tempo per fissare la data del referendum. Se tutto va bene, la consultazione potrebbe tenersi già nella primavera del 2025. Il referendum, intanto, ha ricevuto l’appoggio di 38 dei 75 consiglieri comunali: in sostanza quelli della sinistra, formata dal Partido socialista (Ps), dal Bloco de esquerda, dalla Coligação democrática unitária (Cdu), dal partito Pessoas–Animais–Natureza (Pan) e da Livre.

Da tempo gli abitanti di Lisbona, ma anche quelli di altre zone del Portogallo, mostrano segni di insofferenza nei confronti dell’eccessivo afflusso di turisti, contro il quale si moltiplicano le iniziative. Il manifesto di un’associazione nata di recente, Lisboa Para Viver – Stop Mass Tourism, indica chiaramente i motivi del malessere: “Case con prezzi proibitivi, condomini invasi dagli alojamento local, strade in cui non si può più circolare e intasate dai tuk tuk, associazioni ed esercizi commerciali tradizionali sostituiti da bar e ristoranti, marciapiedi occupati dai tavolini e inaccessibili ai residenti, rumori che disturbano chi ha bisogno di riposo dopo una giornata di lavoro, un patrimonio storico occupato e sfruttato dai promotori turistici”.

Sono problemi familiari a molte città, comprese quelle italiane. I lisboeti e ora anche alcuni partiti chiedono delle misure correttive, spiega il quotidiano Público, come la protezione del commercio locale, la riduzione del numero di bar e dei tavoli all’aperto, la regolamentazione degli orari, il rafforzamento delle linee del trasporto pubblico più frequentate dai turisti (per esempio, il famoso tram 28), più investimenti nei servizi di pulizia delle strade e di raccolta dei rifiuti.

Gli operatori turistici non hanno tardato a rispondere. Eduardo Miranda, presidente dell’Associação do alojamento local em Portugal (Alep), ha dichiarato al quotidiano Diário de Notícias che oggi “l’alojamento local rappresenta il 46 per cento dei pernottamenti a Lisbona. Chiudere quest’attività significherebbe condannare alla disoccupazione circa 45mila persone impegnate in vari settori, come il commercio, la ristorazione o la cultura. Sarebbe un colpo mortale per l’economia cittadina e per il suo settore più importante”. Miranda ha definito l’idea del referendum una trovata “demagogica e populista” che, secondo lui, sarà bocciata dal Tribunal constitucional. Tra l’altro questa proposta, ha aggiunto il presidente dell’Alep, illude i cittadini di poter risolvere il problema della casa eliminando un’attività che, in molti casi, ha permesso di recuperare alloggi del centro storico abbandonati da tempo.


Il turismo ha divorato il lago di Como

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Negli anni la zona è diventata una meta di lusso. I prezzi delle case sono aumentati, spingendo molti residenti ad andarsene. Ma i comuni puntano su nuovi progetti, nonostante anche i rischi idrogeologici.

Senza dubbio negli ultimi anni il turismo ha svolto un ruolo importante nell’economia portoghese. Nel 2022, quand’è partita la ripresa dalla pandemia di covid-19, il pil del Portogallo è cresciuto del 6,8 per cento: secondo alcune stime, il turismo è responsabile di più della metà del risultato, in particolare del 4,2 per cento. Il contributo è stato simile anche con la crescita del 2023, che però si è fermata al 2,3 per cento. E la situazione non dovrebbe cambiare neanche quest’anno. Il problema è capire quanto sia sostenibile il modello. Come sottolineano gli attivisti di Lisboa Para Viver – Stop Mass Tourism, “non è Lisbona che vive di turismo, ma è il turismo che vive sulle spalle della città”. Chi abita nei luoghi che attraggono molti visitatori alla fine scopre che il turismo offre molti lavori ma spesso pagati poco, garantendo ricche rendite solo ai proprietari delle strutture ricettive e dell’ospitalità.

A questo va aggiunto che l’enorme numero di turisti ha dei costi non indifferenti per i servizi e le infrastrutture, costi che ricadono quasi per intero sulla collettività. Non è un caso che da tempo molte amministrazioni abbiano deciso di imporre una tassa sui pernottamenti. Il 19 novembre l’Assembleia municipal di Porto ha approvato la proposta di aumento della tassa turistica cittadina da due a tre euro a notte. La misura è stata giustificata con l’aumento delle spese del comune legate al turismo in settori come la cultura, il patrimonio urbano, l’ambiente, l’energia, la mobilità.

L’amministrazione comunale di Porto stima che nel 2023 queste uscite siano state pari a 15,5 milioni di euro che, divisi per i 5,5 milioni di pernottamenti registrati nella città, fanno circa 2,8 euro a pernottamento. Nuno Borges, esponente del Psd, ha precisato che la decisione non è stata presa solo per coprire i costi, ma per “promuovere una maggiore equità sociale, investire nella sostenibilità urbana e ridurre la pressione turistica”.

Il turismo di massa pone alla società una serie di problemi molto complessi, per i quali la soluzione proposta dal referendum di Lisbona è forse semplicistica. Come scrive João Vieira Pereira, direttore dell’Expresso, l’alojamento local ha creato problemi e distorsioni: introdotto come strumento per permettere alle persone di fare un po’ di soldi affittando il proprio appartamento per brevi periodi, ben presto è diventato un fenomeno in grado di trasformare profondamente interi quartieri (in alcune zone di Lisbona le case vacanza occupano il 70 per cento degli alloggi), favorendo una gentrificazione che ha “schiacciato tutto”, dagli inquilini cacciati di casa senza troppi scrupoli ai vecchi commercianti costretti a chiudere.

Questi problemi, osserva Pereira, non si risolvono eliminando in un colpo solo l’alojamento local: bisognerebbe invece “regolamentare un settore cresciuto in modo selvaggio”, un fenomeno che ha permesso ai grandi fondi immobiliari di comprare interi condomini per farli diventare una sorta di hotel di lusso. Forse sarebbe meglio un referendum e una conseguente discussione su e non contro l’alojamento local. Sul turismo, non contro il turismo.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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