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Manovra, Salvini ora batte cassa e irrita Meloni e Tajani. La premier: «Fatti errori»


Arriva il via libera grazie al decreto fiscale a un’iniezione di 343 milioni per Autostrade dello Stato. Ed è una vittoria sul campo di Matteo Salvini, il padrino politico della società emanazione del ministero delle Infrastrutture, anche se il capitale fa capo al Mef. Superato con un’alzata di spalle il brutto risultato delle regionali in Umbria ed Emilia-Romagna, il leader leghista ha strappato una misura molto gradita. Con lo sguardo rivolto alla madre di tutte le battaglie politiche per i leghisti: il nuovo mandato di Luca Zaia in Veneto.

Il vicepremier ha preparato una campagna d’assalto sulla manovra, che sta entrando nella fase decisiva. «Rivendicare, rivendicare, rivendicare», è la linea indicata ai fedelissimi dal leader della Lega, che più è in affanno con i voti, più vuole spingere sull’acceleratore.

Anche sul canone Rai ha rilanciato: «La stessa maggioranza l’anno scorso ha contenuto il costo del canone Rai, noi proporremmo di fare esattamente la stessa cosa». Una presa di posizione che sfida il no pronunciato da Forza Italia con il deputato Alessandro Cattaneo: «Il canone non si tocca».

Gli affanni di Meloni

La presidente del Consiglio Meloni ha cercato di tenersi a distanza, parlando all’assemblea dell’Anci. Con un’ammissione inedita: «Senza dubbi abbiamo fatto degli errori, perché la politica senza osare non è politica». Parole utili ad aggirare il tema dei tagli agli enti locali.

Ai suoi, sulla manovra, ha chiesto di tenere la barra dritta e non cedere, puntando alla concretezza, anche su temi in apparenza tecnici. Tra i supersegnalati è stato confermato un emendamento dal grande impatto per risolvere la questione della copertura della connessione veloce. Il deputato, Carmine Raimondo, ha proposto di superare il rame a favore della fibra, bypassando alcune attuali lentezze e concludendo lo switch off.

I tentativi degli alleati di spostare l’attenzione e scegliere il pragmatismo funzionano fino a un certo punto. Il pressing di Salvini provoca più di qualche affanno, innescando dei cortocircuiti addirittura con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che è un dirigente di lunghissimo corso della Lega.

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Tra le varie proposte di emendamento c’è lo stop all’aumento (al 42 per cento) del prelievo sui redditi da criptovalute. I leghisti chiedono una correzione di rotta al ministro del loro partito. Ma non solo. È stato riaperto il fronte dell’Aci, l’Automobile club d’Italia in cui di recente è stato rieletto presidente, Angelo Sticchi Damiani. Un nome non molto gradito a Salvini e nemmeno ad altri ministri.

Il dipartimento dello Sport, guidato da Andrea Abodi, ha fatto notare a Sticchi Damiani che non rispettava i requisiti di eleggibilità sul numero di mandati. Ma lui ha tirato diritto e a ottobre è stato rieletto. Nonostante il braccio di ferro con l’esecutivo, nella manovra Giorgetti ha messo a disposizione dell’Aci 50 milioni di euro.

Il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, con un suo emendamento, chiede ora di cancellare lo stanziamento previsto dal ministro del suo partito. In questo clima da tutti contro tutti, il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha messo le mani avanti: «Ci incontreremo per risolvere nel modo migliore possibile i problemi».

Soldi per la società amica

Resta il fatto che a palazzo Madama c’è stato un primo round conquistato dalla Lega nel decreto fiscale, il provvedimento che si muove in parallelo alla legge di Bilancio. La Autostrade dello Stato, che avrà il compito di gestire le tratte stradali a pagamento sottraendole alla competenza dell’Anas, è pronta a passare all’incasso. Le risorse stanziate saranno impiegate per le acquisizioni delle partecipazioni azionarie in Concessioni autostradali Venete, Autostrada Asti-Cuneo, Società italiana per azioni per il traforo del Monte Bianco e Società italiana traforo autostradale del Frejus, oggi sotto l’egida dell’Anas.

L’emendamento al decreto, in esame al Senato, è blindato: è stato firmato dai tre relatori di maggioranza, segno di un accordo politico sul punto. Le votazioni inizieranno lunedì, ma sono improbabili le sorprese. L’operazione è peraltro molto temeraria: i 343 milioni vengono presi dal fondo stanziato per il rilancio delle aziende durante il Covid-19, attraverso il patrimonio destinato di Cdp.

Manna dal cielo per Autostrade dello Stato, affidata dall’amministratore delegato Vito Cozzoli, un tempo considerato vicino a Luigi Di Maio. E nell’organigramma, per non farsi mancare niente, sono stati inseriti alcuni nomi vicini alla Lega, come uno dei componenti del cda, Carlo Vaghi, e il presidente del collegio sindacale, Christian Schiavon.

Appesi al Ponte

L’assalto di Salvini alla diligenza è destinato a spingersi oltre, arrivando ad abbracciare un’altra creatura che gli è molto cara: il Ponte sullo Stretto. Lo strumento individuato è questa volta la legge di Bilancio, in esame alla Camera.

La Lega ha presentato un emendamento per aumentare gli stanziamenti da destinare alla realizzazione all’opera che dovrà collegare la Calabria alla Sicilia: da 11,7 miliardi di euro si punta ai 14,7 miliardi. E per il vicepremier l’approvazione della proposta è cruciale, nonostante suoni come l’ammissione di un primo finanziamento inadeguato.

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Poco male, serve la narrazione sulla faraonica opera firmata Salvini, che punta a portare a casa il potenziamento della flat tax per gli autonomi, innalzando la soglia per beneficiarne.

Non manca poi qualche mancetta per i territori. Molinari punta a dare 21 milioni al comune di Alessandria, sua città natia, «per la realizzazione del secondo ponte sul fiume Bormida» e altri 5 milioni alla provincia di Alessandria per la «nuova circonvallazione dell’abitato di Gavi­».

Insomma, vanno bene le battaglie campali, ma i soldi al territorio di elezione sono sempre un pallino. Con buona pace dei «sacrifici», chiesti da Giorgetti. E ribaditi alla platea dei sindaci all’Anci.

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