Aiutare chi soffre? Una missione. Che il grande cuore dei sardi aiuta a portare avanti con successo, tra mille difficoltà. Lucia Coi, 52 anni, veterinaria nuorese dipendente Asl, è la presidente del Csv, Centro servizi per il volontariato, che opera gratis et amore dei, a sostegno di coloro che si prodigano in soccorso dei meno fortunati.
Dottoressa Coi, i numeri del volontariato in Sardegna sono lo specchio di realtà importanti e consolidate.
«I numeri ci raccontano un mondo del volontariato vivo e attivo. Ad oggi, gli Ets (Enti del Terzo settore) iscritti al Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore) in Sardegna hanno raggiunto quota 3.699, con un incremento di 151 enti rispetto al 2023. Colpiscono in positivo i numeri delle Aps, le Associazioni di promozione sociale, che nell’ultimo anno hanno visto 87 nuovi enti (+11,33%). Anche il numero degli altri Ets generici è cresciuto di 48 unità nell’ultimo anno (+59,26%). Abbiamo invece rilevato una minore crescita per quanto riguarda le Organizzazioni di volontariato (Odv): 13 nuovi enti rispetto allo scorso anno (+0,99%). Bisogna però considerare che sono enti che hanno avuto una forte crescita negli anni passati, e sono tuttora maggiormente radicati sul territorio. Non sono numeri scontati visto il periodo negativo che sta attraversando il mondo del volontariato nel nostro Paese; dimostrano vitalità e capacità di adattamento in un contesto non semplice e in costante evoluzione».
Quali sono le attività del Centro servizi per il volontariato della Sardegna a sostegno delle associazioni?
«Il Csv Sardegna offre gratuitamente una serie di servizi e attività che mirano a sostenere le associazioni in modo strutturato e innovativo: consulenza e accompagnamento, promozione e animazione territoriale, formazione, comunicazione, supporto logistico, ricerca e documentazione. In meno di tre anni abbiamo erogato oltre 7.700 servizi a quasi 2.000 utenti unici, dimostrando un impegno concreto nel sostenere gli Ets. Di particolare rilievo sono state le 300 ore di formazione dedicate a più di 500 volontari e le 4.500 ore di consulenza e accompagnamento che hanno supportato le associazioni negli aspetti burocratici. Tra gli oltre 800 servizi di logistica erogati, i più richiesti sono stati il prestito delle sale del Csv per eventi e riunioni degli Ets e il servizio di apposizione della sede legale presso una delle nostre sedi territoriali. Sul territorio, siamo stati protagonisti di oltre 50 eventi di promozione del volontariato, realizzati in coprogettazione con Odv e Aps. Inoltre, abbiamo erogato più di 200 servizi di orientamento al volontariato, favorendo l’incontro tra cittadini aspiranti volontari ed Ets. In questo ambito, siamo entrati anche nelle scuole, coinvolgendo i giovani in attività di orientamento per l’adesione a Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto) presso gli Ets. Questi numeri riflettono un lavoro costante per potenziare il ruolo del volontariato promuovendone i valori, e non solo supportando le associazioni sotto il punto di vista tecnico e amministrativo».
Esiste una cultura del volontariato nella nostra Isola o bisogna fare di più per promuoverla?
«In Sardegna la cultura del volontariato è molto sentita. Esiste un profondo senso di appartenenza alle comunità, soprattutto nei piccoli centri in cui ancora si è legati ai valori della solidarietà e gratuità. Negli ultimi anni però qualcosa è cambiato, è innegabile; durante il difficile periodo della pandemia nel Terzo settore si era ravvivata quella fiamma, quella voglia di aiutare il prossimo in difficoltà, che tanto ci ha fatto sperare per il futuro del volontariato. Passato il peggio, tornando alla normalità, questo spirito si è nuovamente affievolito; anzi, ha preso il sopravvento una certa paura, in particolare in ambiti complessi come quello sanitario, che non solo non ha aiutato ad avvicinare nuovi volontari, ma anzi ne ha addirittura allontanato qualcuno. A questo vanno aggiunte le dovute considerazioni sull’età media dei volontari, che cresce sempre più, senza un adeguato ricambio generazionale. Sono problemi seri, che abbiamo riscontrato non solo in Sardegna, ma in tutta Italia; e facendo proprio un confronto con le altre regioni, è necessaria un’altra considerazione: andando a vedere quali sono i territori nei quali le attività di volontariato sono maggiormente attive, troviamo una correlazione con il benessere economico. Non è difficile comprenderne i motivi: una maggiore stabilità economica sicuramente permette di avere più tranquillità dal punto di vista sociale, di trovare banalmente più tempo da spendere per interessi e passioni. La Sardegna è una di quelle regioni dove c’è un maggiore tasso di disoccupazione, dove c’è una minore stabilità di tipo economico e, quindi, da un punto di vista lavorativo. Questo incide negativamente sullo stato di salute del volontariato nella nostra regione. Nonostante questi aspetti che in qualche modo ci fanno comprendere quanto sia in sofferenza il nostro mondo, non possiamo non sottolineare che i sardi hanno una generosità innata che li contraddistingue».
La legislazione regionale e nazionale è idonea a sostenere il mondo del volontariato o il legislatore deve fare di più?
«Il Terzo settore è stato recentemente rivoluzionato dal punto di vista legislativo. Con la riforma del Codice del Terzo settore sono state riunite sotto lo stesso cappello realtà profondamente diverse per identità, attività svolte e struttura. Le associazioni si sono trovate a dover gestire incombenze burocratiche non indifferenti, che hanno impattato soprattutto sulle realtà più piccole, che hanno dovuto cambiare radicalmente il modo di gestire l’associazione. In questo frangente tutti i Csv in Italia, compreso il nostro, hanno dovuto correre ai ripari, investendo sulla formazione dei dipendenti e strutturando gli uffici in modo da gestire importanti flussi attraverso le consulenze e gli sportelli territoriali. Non è stato semplice: ci siamo trovati a dover non solo supportare, ma accompagnare le associazioni in questa fase di cambiamento, e nel mentre sensibilizzarle verso strutture sostenibili e più adatte alle nuove sfide. A questo proposito, abbiamo puntato tanto sulla formazione, perché non sarebbe bastato il semplice servizio di sportello: la necessità era quella di fornire gli strumenti giusti alle associazioni per intraprendere un percorso essenzialmente nuovo, totalmente diverso dal passato».
Molte realtà del volontariato si lamentano dei passaggi burocratici imposti dalla riforma.
«È vero, la riforma ha creato non poche difficoltà, ma andava fatta. In precedenza, ogni tipologia di ente seguiva una propria norma, in maniera peraltro disorganizzata. Ora è tutto più omogeneo e armonico e questo facilita la creazione di reti, di collaborazioni tra associazioni. Il volontariato sardo aveva bisogno di questo cambiamento, come ancora ha bisogno di supporto per maturare e sfruttare meglio l’enorme capitale umano presente sul territorio. Se fino a questo momento il nostro primo obiettivo è stato quello di accompagnare e supportare gli Ets, ora come Csv Sardegna dobbiamo essere in grado di potenziare la rete e stimolare gli enti ad essere sempre più attivi e presenti sull’Isola. Anche questa è una sfida, soprattutto per noi, ma siamo pronti a coglierla. Sarebbe inoltre auspicabile che l’istituzione regionale facesse suoi i propositi del legislatore, favorendo il coinvolgimento delle reti e mettendo in atto la co-programmazione e la co-progettazione. In quest’ottica, il ruolo del Csv sarà quello di facilitare questi processi».
Quali sono i motivi di soddisfazione e/o di delusione per il Csv Sardegna in questi ultimi anni?
«Quando abbiamo iniziato ad operare nel bel mezzo della riforma del Terzo settore, ci siamo trovati davanti una situazione piuttosto complessa da affrontare: molte realtà non avevano gli strumenti idonei per gestire tutte le incombenze burocratiche. In tanti casi, però, le associazioni non erano mai state educate ad acquisire determinate competenze utili per la loro gestione. Se da una parte il nostro primo obiettivo è stato quello di fornire tutto il supporto necessario per far fronte a questi nuovi obblighi, dall’altra abbiamo lavorato affinché potessero imparare a camminare con le loro gambe, offrendogli gli strumenti per poter crescere, per poter acquisire consapevolezza e capacità che consentano a chi gestisce le organizzazioni di farlo nel miglior modo possibile, seguendo la norma e soprattutto raggiungendo gli obiettivi prefissati. Ma questo lo si può ottenere solo attraverso un impegno costante, serio e professionale; attraverso una presenza radicata e una conoscenza approfondita del territorio; e con attività come la co-progettazione e la co-programmazione che possano supportare la mission delle associazioni e diffonderne i valori in tutta l’Isola. Ultimo, ma non ultimo per importanza, il progetto del civismo e della promozione del volontariato nelle scuole, che ha però una duplice valenza: quella di raggiungere i giovani direttamente nelle scuole, ma anche quello di poter coinvolgere, attraverso attività svolte in ambito scolastico, organizzazioni diverse dallo stesso territorio che insieme costruiscono dei progetti intrecciando azioni e buone pratiche».
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