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Maradona, i suoi capelli all’asta per 50mila euro


Le ciocche dei vip conservate da barbieri, parrucchieri, inservienti, familiari e amici e poi messe all’asta. Il record appartiene a Elvis Presley, ovvero al collezionista che nel 2002 pagò 100mila euro per una ciocca del cantante morto a 42 anni dopo aver venduto un miliardo di dischi. Su questo mercato finisce anche Maradona. Non c’entra il capello che dopo una trasferta del Napoli nel ‘90 recuperò Bruno Alcidi, fortunato tifoso che volò sullo stesso aereo della squadra al rientro da Milano, e che è esposto in una teca all’interno del Bar Nilo nel cuore della città.

Il 15 dicembre la casa Aguttes di Parigi apre l’asta per una ciocca di capelli del Pibe, tagliata nel 2018 da un parrucchiere nella sua casa di Palm Jumeirah, a Dubai, quando allenava il Fujairah. La custodiva Stefano Ceci, l’imprenditore napoletano che è stato l’assistente di Maradona fino alla sua scomparsa quattro anni fa. «Una l’avevo messa da parte quando conobbi Diego nel 2002. Questa l’ho conservata e l’ho proposta alla casa d’aste francese, insieme a un altro pezzo pregiato, a distanza di tanti anni».

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La ciocca va all’asta per una cifra dai 35 ai 50mila. L’altro pezzo vale molto di più: oscilla dai 40 agli 80mila euro la valutazione della maglia indossata dalla Nazionale argentina campione del mondo nell’86 (Maradona ne era il capitano), riprodotta nel 2006, a venti anni dal trionfo a Città del Messico. Una maglia particolare perché sul retro ci sono l’autografo di Diego e l’impronta in oro della sua mano sinistra, la Mano de Dios con cui affondò l’Inghilterra nella partita dei quarti di finale all’Azteca.

«A corredo c’è il video che girammo con Diego mentre lascia la sua impronta», spiega Ceci, che detiene i diritti di immagine di Maradona. «Una parte di quanto raccoglieremo sarà utilizzata per iniziative di beneficenza. Ne abbiamo fatta una a Napoli il 30 ottobre, il giorno in cui nacque Diego, in favore della Fondazione Santobono Pausilipon».

La maglia milionaria 

Aguttes aveva messo all’asta a inizio maggio un altro pezzo pregiato appartenuto (per poco tempo) a Maradona: il Pallone d’oro che France Football donò al Pibe nel 1986, subito dopo la vittoria in Messico. Quel Pallone era stato rubato dalla cassetta di sicurezza di una banca napoletana. Lo aveva ritrovato un collezionista franco-algerino e poi proposto ad Aguttes.

Ma i cinque figli eredi di Maradona (Dalma, Gianinna, Diego jr, Jana e il minore Diego Fernando) avevano presentato un esposto al tribunale di Versailles chiedendo di bloccare la vendita all’asta. E la società si era fermata, anche perché era partito un accertamento della Procura di Napoli per ricostruire il tortuoso e sospetto iter del Pallone, che secondo la dichiarazione di alcuni pentiti di camorra doveva essere stato sciolto.

C’è stata un’altra maglia, messa all’asta due anni fa da Sotheby’s, che ha raggiunto la cifra record di 8,8 milioni di euro. È quella che tirò fuori da una cassaforte l’ex centrocampista inglese Hodge, avversario di Diego in quella partita a Città del Messico passata alla storia. L’aveva conservata con cura, poi ha deciso di venderla. A una cifra clamorosa: il pezzo appartenuto a uno sportivo più costoso di tutti i tempi. Anche in quel caso gli eredi di Maradona e la sua ex moglie Claudia Villafane presentarono un esposto, dubitando dell’autenticità della maglia, ma gli esperti diedero il via libera: sì, era proprio quella di Diego.

La passione

Sempre forte la passione per Maradona, scomparso il 25 novembre di quattro anni fa. Da oggi a lunedì una serie di iniziative a Napoli per ricordarlo: dalla partita a Scampia tra gli amici di Ciro Esposito e i tifosi del Boca Juniors al “murale” umano a Edenlandia, dalle fiaccolate davanti allo stadio Maradona e al murale dei Quartieri spagnoli ai selfie con il pupazzo Dieguito in piazza Plebiscito. Tutte iniziative di un popolo con cui Diego stabilì subito un forte feeling. Quarant’anni fa Napoli fu invasa da ambulanti che vendevano ‘a parrucca di Maradona – a proposito di capelli – a ventimila lire ma il Pibe e il suo agente Cyterszpiler mai chiesero di sequestrare di quel materiale esposto sulle bancarelle in tutta la città. «Se queste persone vivono grazie a me io ne sono felice perché sono stato povero come loro», diceva Diego con un dolce sorriso.





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