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Next 24: la vetrina della prossima stagione teatrale in Lombardia


Fra le anteprime più interessanti quelle di Teatro dell’Elfo, Elsinor, Manifatture Teatrali Milanesi, Animanera… 

Come ogni anno all’inizio di novembre siamo stati presenti, con estremo interesse e forte curiosità, ai due intensi giorni di “Next”, l’iniziativa messa in atto dalla Regione Lombardia, Assessorato alla Cultura, in collaborazione con l’Unione Regionale A.G.I.S., a Milano, fra Teatro dell’Elfo, Parenti e spazio Dancehaus.
Strutturata come un vero e proprio laboratorio di idee, durante i due giorni sono stati presentati agli operatori, giunti da tutta Italia e quest’anno molti anche dall’estero, significativi frammenti delle nuove creazioni di danza e teatro delle compagnie della Lombardia.
Non avendo la possibilità di approfondire tutte le porzioni delle performance, per altro spesso ancora molto in divenire, a cui abbiamo assistito, cercheremo di soffermarci solo su alcune di esse per relazionarci soprattutto sulle scelte operate dai produttori e sui modi di porle in scena che in qualche modo ci possono orientare su ciò che la scena lombarda (e non solo) può mettere in campo nella sua varietà di accenti.

Diversi i progetti tratti da testi famosi, rivisitati in modo contemporaneo, tra i quali troviamo ancora una volta e sempre il nostro amato Bardo, William Shakespeare, questa volta con il suo eterno “Romeo e Giulietta”, capace sempre di riverberare nuove suggestioni. Ora è proposto dalle Manifatture Teatrali Milanesi con la regia di Antonio Syxty, in collaborazione con Susanna Baccari, che nel progetto definitivo vede in scena (significativamente con i giovanissimi Marcos Piacentini, di origini afro, e Francesca Massari, immersi in immagini e scritte che ci immettono nel nostro bellico presente) ben 9 attori, molti dei quali provenienti dalla Factory di Quelli di Grock, che rivedremo tra l’altro anche nella fortunata riedizione dello storico “Avaro” molieriano.

Sul sicuro vanno anche il duo Frongia / Bruni per il Teatro dell’Elfo nello scegliere l’“Amadeus “ di Peter Shaffer, con i personaggi che emergono dalle quinte come marionette immesse nell’accattivante ‘700 reinterpretato da Antonio Marras con Ferdinando Bruni (Salieri) e il promettente giovanissimo Daniele Fedeli nel ruolo di Mozart, con un gruppo di attori giovani e meno giovani, che da tempo accompagnano le creazioni dell’Elfo. In modo credibile e per noi palpitante, ancora una volta Wolfy “il divino fanciullo”, dopo il film di Forman, rivivive nel nostro tempo a riconsegnarci la sua inimitabile arte davanti alla corte di Giuseppe II d’Asburgo-Lorena e al “nemico” Salieri.

Nel solco di testi spesso attraversati dalle scene, già assai godibile ci è sembrata la trasposizione contemporanea effettuata da Valentina Diana del “Teatro Comico” di Carlo Goldoni per il Centro Teatrale Bresciano, creata dai cinque attori di Invisibile Kollettivo (Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman). Scritta nel 1750, nella commedia troviamo una Compagnia di comici alle prese non solo con le prove di un nuovo spettacolo, ma con un modo tutto nuovo di fare teatro: situazioni non tanto dissimili da quelle di oggi che Valentina rende con humor e perspicacia, attraverso un ritmo e una resa attorale davvero già accattivante .

Tre proposte riportano in modo congruo al loro centro la condizione femminile in tre società assai dissimili tra loro, ma tutte dominate dal perbenismo maschile.
Ecco allora Corrado d’Elia che con la sua compagnia sceglie di mettere in scena, con tre attori di solida esperienza, Chiara Salvucci, Gianni Quillico,Valeria Ducato, con la regia di Davide Gasparro, Arthur Schnitzler e la sua signorina Else, protagonista di una storia che la vede vittima del superficiale egocentrismo di una società già per altro in decadenza, legata solo al proprio tornaconto.
Nello stesso alveo interessante ci è sembrata la scelta di Elsinor di proporre, con la regia e la drammaturgia di Giovanni Ortoleva, “La signora delle camelie”, liberamente tratto dal romanzo di Alexandre Dumas figlio, con le scene già fortemente espressive di Federico Biancalani. Marie Duplessis (Alphonsine Rose Plessis) rivive forte e disperata con il nome di Marguerite Gautier (e ovviamente il nostro pensiero e il nostro cuore vola anche verso Violetta della Traviata di Verdi) a rivendicare il suo amore per Armando, pur sapendo di dover alla fine essere costretta a rinunciare non solo per colpa della malattia, ma soprattutto a causa delle spietate regole conformiste di quella società.
La terza proposta che mette al centro la condizione femminile, con in scena meritoriamente 13 attrici quasi tutte provenienti dal gruppo dell’Atir, capitanate da Arianna Scommegna, è la nuova creazione di Serena Sinigaglia realizzata per il Teatro Carcano: “L’Empireo” (The Welkin) della drammaturga inglese Lucy Kirkwood (anche i Filodrammatici hanno attinto dall’Inghilterra per il loro nuovo spettacolo “Wild” di Mike Barret). Il bel risultato che già si intravede è quello di un testo corale potentemente politico, ambientato nel Settecento ma fortemente attuale, che racconta di una giuria di dodici donne che deve verificare la maternità di un’altra, accusata di omicidio, avendo in questo modo su di lei potere di vita o di morte.

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L’empireo di Carcano

Tra i diversi testi contemporanei connessi a una messa in scena di rilievo che ci pare già oltremodo intrigante ci è parso “Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo” scritto di Gianni Forte per il Teatro Franco Parenti con la regia di Fausto Cabra che, utilizzando la metafora metateatrale, racconta sul palco la multiforme esistenza di Billy Milligan, un criminale americano che nel 1977 ha rapito, violentato e derubato tre studentesse universitarie. Sottoposto a processo, Milligan fu assolto perché non cosciente al momento dei fatti, essendogli stato riconosciuto il disturbo di personalità multipla (nella sua mente convivevano 23 + 1 personalità diverse). A partire dalle trascrizioni pubbliche degli interrogatori, Forte e Cabra sviluppano un testo dal potente impatto emotivo che indaga la natura multiforme della mente umana e i suoi anfratti più nascosti e contraddittori.
A suo modo, in tutt’altra forma, lo fa anche Magdalena Barile, una delle nostre più fervide drammaturghe, raccontando con la regia di Aldo Cassano, con in scena Natascia Curci e Milutin Dapcevic in “Schiavo d’amore” di Animanera: il legame tra una badante e il suo ricco datore di lavoro piano piano si capovolge, mostrandoci, in modo sarcasticamente surreale, tutta l’ambivalenza e l’atrocità dei rapporti di potere, in un mondo dominato dal denaro.

Schiavo d'amore di Animanera
Schiavo d’amore di Animanera

E infine, ultimo ma non ultimo: si può parlare del presente, analizzando le speranze, gli “inganni” ma anche le storture di un tempo che abbiamo attraversato, rivisto con gli occhi disincantati di oggi.
Lo fa “Lottavamo così come si gioca” di Teatro Invito, in cui Luca Radaelli diretto da Laura Curino, traspordandoci in una città di provincia degli anni ’70, di cui tratteggia le fragili figure del tempo che volevano offrire la loro giovinezza per inventare un domani migliore. Ne traspaiono tutte le profonde illusioni di una generazione che voleva cambiare il mondo ma che lo ha riconsegnato ai nostri nipoti, nel maggiore dei casi, peggiore di quello che volevano / volevamo mutare.

Questi alcuni dei percorsi che abbiamo in qualche modo voluto tracciare, ma il mondo del teatro lombardo – fra le 19 proposte teatrali – ci ha offerto anche altri stimoli immaginativi, partendo dall’unicità delle Marionette dei Colla impegnati in “Don Chisciotte”, sino al rapporto tra un padre e una figlia più consapevole di lui in “Green Deys” di Campo Teatrale, per non parlare del ritorno di Beatrice Schiros con il suo carico di dolore e della trilogia del mondo dei vinti di Renato Sarti.

Ma altre forme e linguaggi particolari sono stati proposti nelle due intense giornate di Next: dal gioco di ruolo performativo di “Vietato innamorarsi”, creazione che unisce per la prima volta i nuclei artistici di Qui e Ora Residenza Teatrale e La Confraternita del Chianti, al mondo del circo rivisitato poeticamente dal Teatro degli incamminati in “Circo Paradiso”.

Molti infine gli omaggi, da quello del Teatro Menotti a Fabrizio de André con “L’amore scoppiò dappertutto” con un’interprete d’eccezione come Laura Marinoni con il Nidi Ensemble, sino a quello, attraverso un simpatico cane, al mondo di Virginia Woolf degli Eccentri Dadarò, fino all’azzardo dell’Out Off di porre in scena due capolavori di Carlo Porta, tradotti da Patrizia Valduga. Tutti titoli e percorsi emblematici della estrema vitalità del teatro lombardo, che hanno stimolato la nostra curiosità nel poterli vederli finiti.

Cinque infine i frammenti coreografici visti a Dancehaus : “Come non luogo non sono male” di Fattoria Vittadini con in scena cinque corpi di consistenza diversa che si cercano e si trovano, “Bromatica” di Matteo Bittante, che una volta ancora ci conduce nell’effervescenza della danza senza retropensieri di sorta, “Koppelia _giardino13” di Ariella Vidach che con la sua danza, rielaborando le suggestioni del racconto de “L’uomo della sabbia” di E.T.A. Hoffmann, si muove con determinazione in cerca di nuove contaminazioni digitali, “Quiver” di Sanpapié in cui Lara Guidetti ci trasporta, con i suoi cinque danzatori, in mondi lontani intrecciando la propria danza con quella turca; infine Giselda Ranieri e Raffaella Menchetti che, con “Cat Care Calling”, ci introducono nella gestualità interpretata come segno offensivo, pronto per la sua destrutturazione.

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