I progetti eolici e fotovoltaici mettono a rischio la Nurra.
Lo scorso 20 novembre, l’oratorio della parrocchia San Gavino Martire a Bancali, con la moderazione della giornalista Ninni Tedesco, si è tenuto un partecipatissimo incontro organizzato dal Comitadu pro sa Nurra per informare la popolazione sulla crescente colonizzazione energetica che minaccia il territorio. Dopo la relazione degli esperti, all’assemblea pubblica, intitolata “Giù le mani dalla Nurra!“, sono intervenuti numerosi residenti, agricoltori, attivisti e rappresentanti di associazioni locali – fra gli altri era presente ed è intervenuta l’assessore alla Pianificazione territoriale, Tutela del paesaggio e Rigenerazione urbana, Maria Francesca Fantato.
I relatori hanno messo in luce un fenomeno senza precedenti in Sardegna: la vendita di terreni agricoli alle multinazionali, spesso condotta in sordina attraverso intermediari. Nella Nurra, gli appezzamenti vengono spesso ceduti da agricoltori anziani, impossibilitati a proseguire l’attività, o da proprietari che non hanno mai sfruttato la terra: “Sui terreni della Nurra, si materializza un conflitto fra interesse pubblico, che difendiamo, ed interesse privato, rappresentato da singoli per i quali la vendita a strozzo costituisce ultima spiaggia – ha argomentato professor, Lorenzo Scano -. Preoccupa l’atteggiamento pilatesco dei decisori politici, che semplicemente evitano il problema, lasciando il territorio al saccheggio”.
Dal 2022, infatti, il territorio è stato investito da una corsa all’oro energetico. Sono ben 53 i progetti di impianti eolici e fotovoltaici al vaglio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (M.A.S.E.), molti dei quali interessano aree agricole irrigabili. Complessivamente, si parla di quasi 5.000 ettari di suolo agricolo, equivalente alla superficie dell’intero comune di Uri.
Gli interventi degli esperti presenti all’assemblea hanno messo in luce che i progetti presentati come agrivoltaici “in realtà mascherano semplici installazioni industriali – come ha sottolineato nella sua relazione introduttiva professor Piero Atzori -. Alcuni esempi emblematici riguardano impianti che promettono la coltivazione di specie inutilizzabili o la tutela di pascoli attraverso il reimpianto di gramigna. Anche l’Arpa Sardegna, nelle sue osservazioni, ha denunciato che si sta convertendo il territorio agricolo in zona industriale senza una reale integrazione delle attività agricole”.
Un altro tema cruciale discusso è stato il fenomeno delle “isole di calore“, causato dall’accumulo di calore generato dai pannelli fotovoltaici, che può raggiungere temperature fino a 70 gradi. Secondo diversi studi, queste condizioni possono alterare il microclima, con possibili ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente. Preoccupa, inoltre, la possibilità che l’acqua delle risorse irrigue venga destinata alla pulizia dei pannelli invece che alle colture agricole.
Nonostante le criticità sollevate dalla Regione Sardegna e dall’Arpa, le istituzioni locali sembrano incapaci di opporsi efficacemente alla speculazione. Il Comune di Sassari, in particolare, è stato criticato per non essersi opposto efficacemente a questa “invasione” e di scarsa chiarezza sulle aree selezionate come idonee su richiesta della presente Giunta regionale.
Gli abitanti di Bancali, Truncu Reale, Viziliu e delle altre zone interessate hanno lanciato un appello accorato: “Uniamoci per difendere la Nurra e fermare la devastazione”. L’incontro si è concluso con l’impegno di portare avanti una mobilitazione costante, puntando alla sensibilizzazione delle istituzioni e della cittadinanza e continuando a monitorare la mappatura dei progetti.
Gli organizzatori hanno ribadito che non si oppongono alle energie rinnovabili in sé, ma alla loro gestione speculativa e distruttiva. “Il nostro territorio ha bisogno di politiche energetiche sostenibili e rispettose delle comunità locali, non di colonizzazioni travestite da transizioni verdi“, hanno affermato.
L’appello è stato chiaro: la Nurra non deve diventare terra di conquista per le multinazionali, ma rimanere un luogo di produzione agricola, tutela ambientale e sviluppo comunitario.
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