Il terremoto alle ore 19.34 di una tranquilla domenica coglie tutti di sorpresa: interi paesi dell’entroterra salernitano e irpino rasi al suolo, persone ancora vive sotto le macerie. Due anni dopo nasce la Protezione Civile nazionale
È una domenica come tante, in tv sul primo canale è cominciato da poco Juventus-Inter mentre la seconda rete trasmette un film per ragazzi “Il pirata Barbanera”. Proprio durante la messa in onda di un tempo del derby d’Italia finito 2 a 1 per i bianconeri, sono le 19.34, inizia un dramma che dura 90 lunghissimi secondi: la terra è sconquassata da un’onda sismica di inaudita potenza. Tutta l’Italia meridionale è scossa dal terremoto, le regioni più colpite sembrano essere la Campania e la Basilicata. Le notizie sono frammentarie, si parla subito di decine di morti. Appena un’ora dopo sono già centinaia, il numero cresce di minuto in minuto: si fanno previsioni angosciose.
La scossa di magnitudo 6,9 della scala Richter (nono grado della scala Mercalli) parte da 30 chilometri di profondità, stravolge l’Irpinia e il Vulture, stritola al suo passaggio un’area da Avellino a Salerno, scuote tutta Napoli e strapazza Potenza. Un minuto e ventinove secondi ma quando smette resta la devastazione. Persone anche in pigiama si ritrovano per strada mentre le urla aumentano sempre più. Il primo pensiero di molti è di raggiungere il mare o quantomeno spazi aperti così da avere quella sicurezza che dà il fatto di essere lontani da edifici che da un momento all’altro sarebbero potuti cadere. In tanti quella notte trovano riparo nelle proprie autovetture, restando all’addiaccio lontano dalle abitazioni.
Solo all’alba si inizia a delineare la gravità di quanto accaduto: località anche lontane da Salerno come nell’Alto Sele Laviano, Colliano, Santomenna e Castelnuovo di Conza risultano fortemente danneggiate. Ridotte in macerie le case dei contadini e tutte le altre abitazioni costruite senza rispettare le norme sismiche. Non c’è una rete di soccorsi adeguata a dare risposte di fronte a una catastrofe del genere, non si è preparati ai tanti morti e ai feriti da soccorrere in quella maledetta notte. È lo stesso presidente della Repubblica a denunciare, dopo aver visitato i luoghi devastati dal sisma: «Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi». Il dipartimento nazionale di Protezione Civile, affidato a Giuseppe Zamberletti, nasce due anni dopo la tragedia allo scopo di gestire con immediatezza e professionalità l’emergenza.
Alla fine il bilancio è impressionante: 70 mila costruzioni rase al suolo, 2998 morti, 234.960 senzatetto e 8.848 feriti. Solo nella provincia di Salerno si contano 674 morti e 2468 feriti. A Napoli, in via Stadera, nel quartiere di Poggioreale la scossa inghiottisce un palazzo: 52 morti; a Balvano il terremoto non si ferma davanti alla messa che si sta celebrando nella chiesa di Santa Maria Assunta. Schiaccia 77 persone, 66 sono bambini e ragazzini che stanno pregando. Una tragedia immane, dei 679 comuni che costituiscono le province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia attraversate dal sisma, ben 506, il 74%, sono danneggiati. Poi, dopo aver contato i morti e i danni, inizia l’opera di ricostruzione attraverso un groviglio inestricabile di leggi e leggine che a vario titolo finanzia una richiesta di investimenti sproporzionata alla realtà dei fatti. Ma questo è un altro discorso…
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