Un ex di George Soros alla guida del Tesoro del Trump II. Quello che potrebbe essere definito un ossimoro è realtà, visto che Donald Trump ha scelto Scott Bessent, gestore di hedge fund ed ex super manager della galassia finanziaria del finanziere ungherese, alla guida del ministero più strategico per la sua agenda economica che si fonda su dazi e tagli fiscali e di bilancio. La nomina, la più attesa e (forse) sofferta, è giunta dopo un valzer di totonomine che ha visto inseriti tra i papabili i nomi più disparati. Scartato il primo in ordine di tempo, ovvero Howard Lutnik, amministratore delegato di Cantor Fitzgerald e alfiere delle criptovalute, posizionato da Trump al dicastero per il Commercio, le indiscrezioni davano per favorito Kevin Warsh nel ruolo di «segretario in transito» per poi affidargli il timone della Federal Reserve dal 2026 quando terminerà il mandato di Jerome Powell. Secondo il Wall Street Journal, il presidente eletto ne avrebbe parlato direttamente con il già membro del board dei governatori della Federal Reserve in questi giorni a Mar-a-Lago.
Nell’ipotetico Risiko delle eco-nomine emerso alla vigilia, il tycoon avrebbe anche valutato l’ipotesi di nominare Bessent alla guida del National Economic Council, passandolo poi al Tesoro quando Warsh sarebbe diventato presidente della Banca centrale degli Stati Uniti. Le cose hanno però preso una piega diversa, ma non è escluso che Warsh possa ricoprire un incarico di rilievo, alla Casa Bianca o direttamente come prossimo numero uno di Constitution Avenue. Il suo nome, nonostante la giovane età di allora, visto che è nato nell’aprile del 1970) era già emerso in pole per le guida della Fed nel 2017, in particolare quando fu osservato parlare in maniera fitta e confidenziale con l’allora presidente della Banca centrale europea Mario Draghi a margine dei lavori di Jackson Hole, la località del Wyoming dove si tiene l’annuale riunione dei banchieri centrali del Pianeta. Allora però Trump, in carica da un anno alla Casa Bianca preferì Powell. Un altro dei nomi nella rosa dei ‘finalisti’ comparsi negli ultimi giorni era quello del Ceo di Apollo Global Management Marc Rowan, ma pare che le sue quotazioni fossero già in discesa.
Candidature di fatto azzerate dall’imprevedibile Trump che, del resto ,ha abituato a sorprendere anche nelle designazioni della sua seconda squadra di governo. Ancor di più perché nel curriculum di Bessent c’è una evidente incongruenza con quelle che sono le posizioni trumpiane o trumpiste che dir si voglia, specie di quell’ala che abbraccia le teorie cospirazioniste e che è nemica giurato dei poteri forti, della grande finanza internazionale e del «deep state». Il miliardario 62 enne della South Carolina, fondatore della società di investimento Key Square Capital Management, è stato direttore finanziario alla Soros Fund Management dal 2011 al 2015, finanziaria non quotata con sede a New York fondata nel 1970 da George Soros e, nel 2010 segnalata come una delle aziende più redditizie nel settore degli hedge fund, con un tasso di rendimento annuo medio del 20% in otto lustri. Il finanziere di origini ungheresi è considerato negli occhi da un certo movimento di opinione, specie per alcune sue operazioni speculative. In particolare, dalla rete dei sovranisti europei, tra cui lo stesso presidente magiaro Viktor Orban, che vedono nel tycoon un punto di riferimento.
Eppure, quest’ombra nel curriculum di Bessent non ne ha impedito la nomina, forse perché Trump lo ha ripagato (e non sarebbe la prima volta) per il suo sostegno indefesso e la sua vicinanza. Negli ultimi mesi è diventato il suo più importante consigliere economico difendendolo per tutta la campagna elettorale sulla proposta di imporre dazi estremi nonostante l’opposizione di Wall Street che teme guerre commerciali e l’impennata dei costi per gli americani. The Donald sarebbe stato colpito da lui quando dichiarò che, secondo le sue previsioni, il mercato azionario sarebbe crollato se Kamala Harris avesse vinto le elezioni. Di recente l’investitore ha scritto un editoriale sul Wall Street Journal bocciando la tesi di un gruppo di premi Nobel secondo cui l’agenda economica di Trump avrebbe danneggiato l’economia degli Stati Uniti. Tra gli alleati più di lunga data di Bessent, che hanno spinto per la sua nomina, c’è Larry Kudlow, il noto volto della televisione finanziaria che guidò il Consiglio economico nazionale durante il Trump I.
Tra i detrattori, che evidenziano peraltro la sua militanza nella compagine Soros (manifesto sostenitore di Harris in Usa2024) c’è niente di meno che Elon Musk, che voleva con forza il Ceo di Cantor Fitzgerald. Lutnick, ha scritto Musk su X, «metterà in atto il cambiamento». Bessent è una «scelta di business as usual». Forse per questo Trump ha nominato Lutnick Us Trade Representative (ovvero capo del ministero per il Commercio), un modo per mettere fuori gioco con eleganza l’uomo più ricco al mondo e suo fedele alleato tanto da meritare l’appellativo di «first Buddy». Se confermato Bessent avrà il ruolo strategico di attuare l’agenda economica del Presidente eletto rigidamente in linea con le sue linee guida, dai dazi alle tasse passando per la deregolamentazione e la politica delle sanzioni. Tra i consigli che ha dato al presidente eletto c’è quello di perseguire la politica del «3-3-3», una sorta di «trinità economica» la cui dottrina prevede il taglio del deficit di bilancio al 3% del Prodotto interno lordo entro il 2028, la crescita del Pil del 3% grazie a deregolamentazione e riduzione del peso fiscale e l’aumento della produzione a 3 milioni di barili al giorno di petrolio e derivati. Una formula che pare abbia conquistato Trump il quale nell’annunciare la nomina di Bessent che ha definito un «bel ragazzo», ha detto: «Mi aiuterà ad inaugurare la nuova età dell’oro per gli Stati Uniti».
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