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ALTRO CHE RINASCITA!! A 44 ANNI DAL SISMA, LA BASILICATA IN PIENO DECLINO – Talenti Lucani


PIETRO SIMONETTI

La Basilicata negli ultimi 44 anni ha visto ridursi la popolazione  dai 610.186 abitanti agli attuali 537.000 residenti iscritti neri registri dei Comuni.In realtà sono molto di meno quelli che vivono nei 131 Comuni lucani.
In tanti anni circa 70.500 persone , per effetto del combinato disposto più morti meno nascite e flussi migrator continuii, sono venuti meno .
L’Unibas ,istituita nel dopo sisma,nel 2014 aveva 8000 iscritti nel 2024 , oggi appena 5500, una caduta verticale  che incide fortemente sul ruolo dell’ Ateneo , mettendo in mostra una scarsa capacità di attrarre utenza  qualificando l’offerta formativa. E tutto ciò nonostante la spesa di gestione sia arrivata ad oltre ottanta milioni anno e l’organico a circa 800 unità .
Senza interventi mirati e programmati,la Basilicata rischia l’estinzione nel giro di qualche decennio così come l’intero Paese che sinora ha perso oltre 12 milioni di abitanti di cui 6,5 milioni nel Sud.  In Basilicata dopo il 1980 sono stati investiti dallo Stato oltre 3500 milioni, di cui 3000 per la ricostruzione e infrastrutture e circa 500 per il finanziamento delle aziende industriali . Nel contempo sono state recuperate con la escussione delle fideiusioni oltre 125 milioni che sono tornate nelle casse dello Stato per inadempienze, e truffe sanzionate, a seguito del recupero de l maltolto e degli esiti dellavoro della Commissione di inchiesta Scalfaro
L’attuale occupazione nelle aree terremotate lucane è di circa 2000 lavoratori diretti, con leggero aumento rispetto agli anni scorsi , e circa 1400 indiretti, contro una previsione di 6000 posti di lavoro finanziati con contributi pari al 120% delle spese ipotizzate. Delle 107 aziende finanziate ne rimangono una cinquantina in attività, risultati migliori rispetto agli investimenti della legge 488 che ha avuto una resa occupazionale pari al 20% del previsto. Ricordiamo che alcune aziende, tra quelle fallite o che non hanno mai aperto (circa 30) sono state riassegnate, oppure occupate abusivamente o cedute in fitto dai curatori fallimentari, con scarse attivita’ produttive o occupazionali. Alcune aziende del Melfese sono state per qualche tempo utilizzate dalla FCA per deposito delle automobili. Attualmemente la crisi della Stellantis ha prodotto una perdita di circa 3000 posti di lavoro,indotto compreso ,in gran parte co le dimissioni incentivate e la caduta dei livelli produttivi. Al momento circa 100 capannoni, o strutture similari, di cui una ventina finanziati da Legge.219/81 ed i restanti con le leggi 488/92 e 64/74, sono inutilizzati, preda dei ladri di rame e di impiantistica , almeno due sono state utilizzate dai organizzazioni criminali per stoccare rifiuti ed ecoballe. Ricordiamo i casi  Abldi Balvano, 17.000 mq, oppure della ex Ets di Tito ,che occupava 250 lavoratori, ora qualche decina, la Sinoro mai entrata in produzione con tre fallimenti dietro le spalle, quattro cambi di ragione sociale due condanne per truffa e bancarotta. In questa azienda ci sono ancora i macchinari imballati e mai utilizzati in attesa di essere ricollocata nel sistema produttivo.Nessuno interviene per il riutilizzo. Molte aziende sono da anni in gestione fallimentare o sono state svuotate degli impianti che sono tornati alle aziende produttrici in Italia o vendute all’estero: Standartela, Ets, Etm,Abl.Gli impianti Parmalat sono da tempo utilizzati in Veneto dalla Vincenzi dopo la chiusura dello stabilimento di Atella e la successiva truffa di reindustrializzazione che ha determinato la disoccupazione di 120 lavoratori. Si tratta di un enorme patrimonio di immobili e infrastrutture di un valore stimabi li attorno ai 200 milioni di euro. Anche la riassegnazione di suoli e strutture e’ fallita assieme ai bandi di reindustrializzazione. La legge per il la liquidazione dell’Asi e Api-Bas è completamente disapplicata. Nemmeno uno stabilimento è stato recuperato con le nuove norme da Api-Bas e nessun nuovo insediamento è stato richiesto, la liquidazione dell’Asi è ferma.
Alcune delle aziende finanziate con i fondi del post terremoto, come la Ferrero, la Barilla e altre mantengono alti livelli di occupazione di produzione e di innovazione.  In Basilicata, su 44.000 lavoratori migranti occupati nel 2024 nei diversi comparti, la quota delle assistenti domiciliari corrisponde quasi al 40% del totale di forza lavoro..Nel 2024 in agricoltura sono andati perduti 18.000 occupati per la siccità e la caduta dei livelli produttivi. .
Una inversione di endenza dovrebbe potersi avere con l’accoglienza di lavoratori stranieri e la loro integrazione , attraverso  varie misure che vanno dalla formazione professionale al riutilizzo e manutenzione delle case sfitte, o  la  predisposizione di un intervento per 2000 borse di studio per i discendenti lucani che vogliono rientrare per studio e formazione professionale, sopratutto dall’Argentina…
In Basilicata ci sono lavoratori espulsi del sistema produttivo, attualmente in cassa integrazione oppure percettori del reddito di inserimento. Circa 6.000 lavoratori utilizzano i fondi regionali e quelli del petrolio per le attività di forestazione e manutenzione ambientale, oltre ai lavoratori del reddito di cittadinanza del tutto sottoutilizzati.
Solo in questi segmenti abbiamo quindi oltre 8000 lavoratori che, a fronte di una proposta di riuso dei siti manifatturieri inutilizzati, una diversa ed efficace manutenzione e la salvaguardia ambientale, le attività di ricerca e di sviluppo, la qualificazione del sistema formativo e scolastico possono, insieme ai disoccupati, ai neolaureati e ai diplomati, ai migranti, diventare il motore per sostenere una piattaforma programmatica per un modello di sviluppo diverso. Il quadro di riferimento finanziario è di circa 15 miliard i anno con solo bilancio pubblico allargato oltre al Pnrr.Le risorse ci sono e sono tante.Il punto è la buona spesa come architrave di unprogettodi accoglienza  basato  sui cicli agro-alimentari , su quello manifatturiero, dell’energia e della tutela del territorio.
L’industria pulita dei polimeri solidi e liquidi, che sostiene la manifattura estera e italiana nella  componentistica auto, nel ciclo della plastica, nella sanità e nella farmaceutica, è una prospettiva importante.
Strategica può essere la ricerca e l’utilizzo dell’idrogeno. Un vero e proprio distretto per la lavorazione polimeri e delle nuove energie. L’utilizzo dei polimeri nelle nostre aree potrebbe cambiare il paesaggio produttivo e occupazionale trattandosi di attivita’ non inquinanti per rifornire i distretti industriali che utilizzano i prodotti realizzati in Basilicata , diventando un polo molto importante per verticalizzazione della produzione.
La recente crisi idrica determinatasi per la cattiva gestione della diga della Camastra ,con la mancata manutenzione della stessa, ha messo in evidenza il grave problema dell’ammaloramento degli invasi, con ritardi nei lavori per fronteggiare le nuove normative antisismiche introdotte nel 2019,  mancati interventi in  opere di manutenzione, sistemazione delle sponde, eliminazione dei fanghi e delle opere per garantire la sicureza. Abbiamo il dovere di lottare per un massiccio e decisivo intervento dello Stato in questo settore, atteso che chi si è presa la titolarità della risorsa deve anche accollarsi i costi di una buona gestione degli invasi. Il gruppo dirigente di governo,che vede la presenza degli ex gestori delle dighe (e dei responsabili di politiche prive di efficacia nei diversi settori dell’economia e del sociale) ,deve prendere atto con urgenza della situazione di forte crisi per modicare politiche e strumenti tenendo conto delle numerose proposte delle parti sociali,politiche e culturali avanzate anche recentemente,senza perdere altro tempo.

Il futuro non attende.


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