Negli ultimi anni, i progressi in materia di sicurezza sociale in Medio Oriente cominciano a farsi sentire: tanti Paesi arabi hanno avviato riforme significative nei propri sistemi di protezione sociale, affrontando sfide legate all’estensione delle tutele, alla sostenibilità e inclusione delle parti di popolazioni più fragili, con l’obiettivo di migliorare l’accesso e la qualità delle prestazioni sociali e ridurre le disuguaglianze.
La strada per raggiungere gli standard internazionali è ancora lunga, ma i risultati sono al momento tanto promettenti da spingere l’Associazione Internazionale per la Sicurezza Sociale (ISSA) a organizzare, a dicembre, il prossimo Forum Internazionale di sicurezza sociale proprio in questa parte del mondo, per verificare quanto è stato fatto e quanto resta ancora da fare.
Sicurezza sociale nei Paesi arabi: fra disuguaglianze e tentativi di protezione sociale
I sistemi di sicurezza sociale nei Paesi arabi soffrono da anni di croniche inadeguatezze. Prendiamo la previdenza: secondo l’OIL, essa è fornita principalmente dal settore pubblico, che garantisce benefici più estesi rispetto ai sistemi di assicurazione sociale privati, i quali coprono una serie limitata di rischi, soprattutto a lungo termine (vecchiaia, invalidità e reversibilità). Le indennità di malattia e maternità, invece, sono per lo più fornite al di fuori del sistema di sicurezza sociale dai datori di lavoro tramite accordi contrattuali.
Secondo i dati OIL 2023 sulla protezione sociale nei Paesi arabi, solo il 30% della popolazione è coperto da almeno una misura di protezione sociale (esclusa quella sanitaria), un dato però leggermente in aumento rispetto ai livelli del 2015, quando era coperto solo il 28,1% della popolazione. Tuttavia, solo il 13,8% della popolazione “protetta” riceve un sostegno al reddito attraverso strumenti finanziati dalle tasse, mentre la contribuzione riguarda il 16,2% della popolazione. Ciò avviene perché il sistema di welfare finanziato dalle tasse non è sufficiente a colmare le lacune in termini di protezione sociale.
Un’ulteriore conferma di queste carenze si riscontra nel trattamento sociale dei lavoratori migranti. Questi rappresentano percentuali altissime nell’area del Golfo: ad esempio, l’81% della popolazione negli Emirati Arabi, il 72,8% in Kuwait e il 77,3% in Qatar. Tuttavia, nessuno di questi Paesi dedica loro misure specifiche di protezione sociale o sicurezza sul lavoro, come emerso durante gli ultimi campionati mondiali di calcio.
Alcune riforme, portate avanti da Paesi come Oman, Iraq e Libano, dimostrano però che un sistema di protezione sociale più efficace è possibile e persino esportabile.
Protezione sociale: si parte dalla previdenza
Uno dei principali obiettivi delle riforme intraprese nei Paesi arabi è stato ampliare la copertura dei sistemi di sicurezza sociale per includere gruppi tradizionalmente esclusi, come i lavoratori informali, i giovani e le donne. Ad esempio, la Giordania ha introdotto il congedo di maternità, in Arabia Saudita le donne cercano forme di emancipazione anche attraverso lo sport, mentre Iraq ed Emirati Arabi Uniti hanno avviato un’assicurazione contro la disoccupazione.
I maggiori progressi in Medio Oriente riguardano la previdenza: nel 2023, la riforma “Vision Oman 2040” ha inciso profondamente sul sistema pensionistico del Sultanato, raggruppando gli undici fondi di assicurazione esistenti in un unico fondo e garantendo anche un adeguamento delle pensioni di vecchiaia ai guadagni medi dell’assicurato.
Nel 2024, il Qatar ha attuato una riforma delle pensioni per il settore privato, disincentivando il pensionamento anticipato; l’Iraq ha introdotto l’assicurazione per maternità e disoccupazione nella sua riforma sociale del 2023; e, sempre nel 2023, il Libano ha puntato a garantire un reddito pensionistico dignitoso e introdurre un’indennità nazionale di invalidità. Per quanto riguarda i lavoratori migranti, i più esposti e fragili, un buon esempio arriva dal Bahrein, che ha istituito un nuovo fondo di previdenza speciale per finanziare le indennità di fine servizio e di buonuscita versate ai dipendenti al termine del rapporto di lavoro.
Sicurezza sociale: dai Paesi arabi un segnale di crescita della società
Dal 3 al 5 dicembre, Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita, ospiterà il Forum regionale sulla sicurezza sociale per l’Asia e il Pacifico (RSSF Asia-Pacifico), organizzato da ISSA per fare il punto sui progressi raggiunti in Medio Oriente.
Le sfide, però, restano aperte. La stessa ISSA punta a una maggiore condivisione di riforme e buone prassi per favorire un’apertura più ampia dei sistemi sociali.
L’avanzare di questi Stati come player emergenti del mercato mondiale e la loro crescente rilevanza sulla scena globale e nell’economia sostenibile richiedono che essi si presentino non solo come potenze economiche vincenti, ma anche come nazioni interessate alla protezione sociale, tanto per i propri cittadini quanto per i lavoratori migranti, al fine di attrarre capitali e risorse. Le aperture sociali, pur non rappresentando ancora una svolta culturale, fanno sperare in un cambiamento in atto nella società mediorientale, più consapevole dei diritti dei lavoratori e meno incline a sacrificare le aspettative sociali alle sole logiche del libero mercato.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link