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Intercettazioni, responsabilità disciplinare e contributo unificato: tutti i nodi legislativi


Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia è stata contraddistinta dal duro dibattito al Csm in merito alla pratica a tutela per il giudice di Bologna che ha rinviato pregiudizialmente alla Corte di giustizia europea il decreto Paesi sicuri del governo. Su questo e le diverse posizioni in campo trovate un approfondimento in newsletter.

Sul fronte legislativo, invece, sono in discussione le modifiche alle intercettazioni, la norma sul contributo unificato in finanziaria e i decreti legge sui flussi. Tutte questioni aperte, che hanno prodotto un dibattito anche aspro.

Infine, in settimana – il 28 novembre – si riunirà di nuovo il parlamento in seduta comune per la nomina questa volta di tutti e quattro i nuovi giudici costituzionali. Vedremo con quale esito.

La pratica a tutela al Csm

Le parole dell’esecutivo nei confronti dei magistrati di Bologna, che hanno rinviato pregiudizialmente alla Corte di giustizia europea il decreto sui paesi sicuri, hanno «travalicato i limiti di cronaca e di critica dei provvedimenti giudiziari», «determinando un possibile indebito condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria oltre che dei singoli magistrati».

L’atto non produce concreti effetti giuridici, ma così il Csm ha preso ufficialmente posizione sullo scontro in corso tra politica e magistratura, approvando a maggioranza un documento frutto della richiesta da parte di 23 consiglieri (tutti e 20 i togati più i tre laici di minoranza) di una pratica a tutela del giudice Marco Gattuso, in servizio presso il Tribunale di Bologna. La decisione – di peso perché per la prima volta il Consiglio entra nel merito dello scontro in corso – è stata assunta dopo oltre due ore serrate di dibattito in plenum, in cui si sono confrontate due visioni opposte dello scontro tra politica e magistratura, travalicando inevitabilmente il caso concreto in esame.

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Alla fine, gli schieramenti sono apparsi in modo netto: ai firmatari che sono rimasti compatti nel sostenere la pratica, compresa la corrente conservatrice di Magistratura indipendente, si sono aggiunti anche i due membri di diritto, la prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, e il procuratore generale presso la Cassazione, Luigi Salvato. Il fronte delle toghe, dunque, è rimasto compatto, anche se in plenum i moderati di Mi sono intervenuti solo con il relatore, Edoardo Cilenti, e non nel dibattito molto acceso che è seguito alla esposizione della pratica. Qui tutti i dettagli del dibattito e della contrapposizione tra posizioni.

La delibera sulle nomine

Il voto del Csm sulla riscrittura in un testo unico delle regole sulle nomine è stato rinviato ad un plenum straordinario previsto il prossimo 27 novembre.

Due le proposte in campo: la proposta cosiddetta ‘A’, sostenuta in un’inedita alleanza da Area e Magistratura Indipendente, che rimane ancorata a una logica che lascia ampio margine discrezionale al Csm. La proposta ‘B’ è sostenuta invece da Unicost, Magistratura Democratica e dagli indipendenti Roberto Fontana e Luigi Mirenda e introdurrebbe un sistema di punteggi che vuole ridurre la discrezionalità del Consiglio al momento della nomina, fissando a monte le “regole del gioco”, per contrastare le logiche degenerative correntizie. I punteggi sarebbero variabili in relazione a ciascuno dei tredici parametri già previsti dalla legge, tra cui merito e anzianità, mentre peserebbero eventuali valutazioni negative nella carriera del singolo magistrato.

Le preoccupazioni delle Corti d’appello

I presidenti delle 26 Corti d’appello hanno firmato una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla premier Giorgia Meloni, ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, al ministro della Giustizia Carlo Nordio, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al vice presidente del Csm Fabio Pinelli e all’Anm, in cui hanno espresso «grande preoccupazione» per la riforma in materia di protezione internazionale che, con due decreti legge in fase di conversione, dovrebbe reintrodurre il “reclamo” davanti ai giudici di secondo grado e attribuire loro la competenza per i provvedimenti di convalida dei trattenimenti di coloro che presentano richiesta di asilo nel nostro paese.

Definiscono la riforma «un disastro annunciato» che renderà «irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr» e «determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi».

«A prescindere da ogni considerazione circa l’alterazione del sistema delle impugnazioni, – proseguono – si deve rammentare come il Ministero della Giustizia abbia, meno di due anni fa, rafforzato le sezioni specializzate di primo grado, con l’incremento degli organici e delle risorse poste a disposizione di questi uffici, proprio per far fronte, con una opportuna programmazione, alle crescenti difficoltà del contenzioso in materia di asilo e di protezione internazionale». Però, «le modifiche che oggi vengono proposte verrebbero attuate in via d’urgenza, ad organici invariati e senza risorse aggiuntive. In tali condizioni, è facile prevedere che la riforma costituirà un disastro annunciato per tutte le Corti di appello italiane, renderà irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr e determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi. I Presidenti delle Corti – chiude la missiva – auspicano che il Parlamento eviterà simili gravi esiti».

Se venissero convertiti solamente i due decreti, raddoppierebbe il numero degli arretrati in quanto ci sarebbero circa 5 mila fascicoli in più che si sommerebbero ai circa 4.700 da definire. Qualora invece, come propone un emendamento di una parlamentare di Fdi, le Corti vengano incaricate di convalidare i trattenimenti, sempre nel capoluogo lombardo, passerebbero in secondo piano e quindi verrebbero rinviate circa 400 cause all’anno.

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La risposta di Nordio

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha detto che «le corti d’appello per definizione sono composte da giudici più anziani e quindi presumibilmente ancora più garantisti di tutti gli altri giudicanti di merito».

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A questa affermazione ha risposto il segretario generale dell’Anm, Salvatore Casciaro: «Strano si faccia appello da parte del ministro Nordio al garantismo per giustificare lo spostamento delle convalide dei trattenimenti dai tribunali alle Corti d’appello, quando proprio le decisioni garantiste, di rinvio pregiudiziale per dubbio sulla compatibilità con la disciplina Ue delle sezioni specializzate immigrazione, sono state aspramente contestate da esponenti politici», «meglio dire le cose come stanno e cioè che non è il garantismo la molla per procedere al sovvertimento delle competenze in materia ma l’inconfessabile auspicio di un cambio di giurisprudenza, ciò non è in linea col principio di separazione dei poteri e con il rispetto della giurisdizione, pur declamato a parole».

Nordio ha anche allontanato l’idea di un aumento del carico di lavoro: «Sarà il contrario, in questo emendamento si prevede invece una riduzione delle competenze della corte d’appello proprio per quanto riguarda i reclami contro le decisioni sui migranti, quindi tutto sommato il loro lavoro verrebbe sgravato; così come, ma parlo in modo ipotetico perchè non è un’iniziativa governativa ma parlamentare, verrebbero sgravati i tribunali che sono già molto gravati dalla cause civili e penali e non dovrebbero più giudicare tutte queste questioni riguardanti l’immigrazione».

Intercettazioni

Procede alla Camera alla proposta di legge, approvata dal Senato, in materia di “Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione”, che pone il termine dei 45 giorni quale limite alle intercettazioni.

Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha detto davanti alla commissione Giustizia della Camera che «il senso della proposta è abbastanza chiaro: non si vuole che le intercettazioni, di proroga in proroga, siano mantenute, a dispetto della tutela della riservatezza, pur quando non emergano elementi utili. Questo intento mi sembra chiaro, non mi sembra altrettanto perspicua la formulazione». Questo perchè «Per come leggo io, le prime due proroghe possono essere fatte senza indicare, in motivazione rafforzata, un elemento concreto e specifico. Quando si superano i 45 giorni, quindi con la terza proroga, occorre una motivazione rafforzata ma la motivazione rafforzata, attraverso l’elemento sopravvenuto specifico e concreto, più che dimostrare l’assoluta indispensabilità, dovrebbe giustificare l’utilità dell’ascolto», ma «Il fatto che non emerga nulla non fa venire meno l’assoluta indispensabilità sul piano logico» e «il testo non chiarisce se l’elemento ulteriore, specifico e concreto, debba emergere dall’ascolto».

Secondo il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, «i primi 20-30 giorni servono per individuare i reati target delle intercettazioni. E quindi il tempo che resta in alcuni casi quindi è davvero poco». Melillo ha anche segnalato eventuali problemi riguardo ai tempi legati alla traduzione di intercettazioni di indagati stranieri di lingue meno comprensibili.

Il contributo unificato

E’ ancora stallo sulla questione legata al contributo unificato, inserito in manovra di Bilancio come elemento essenziale il cui mancato pagamento provoca l’estinzione della causa civile. La modifica al codice, infatti, prevede la facoltà al giudice di dichiarare l’improcedibilità nei casi di domanda riconvenzionale, chiamata in causa, impugnazione incidentale.

Dopo la sollevazione della Camera civile e delle associazioni forensi, il governo sta lavorando a un compromesso che prevede di rendere vincolante solo il versamento di un anticipo dell’intero contributo unificato. La parte restante continuerebbe a essere assoggettata alla disciplina tuttora in vigore: affidamento, in caso di omesso o insufficiente versamento, della riscossione a Equitalia Giustizia.

Ancora, però, non è stata stabilita l’entità dell’anticipo. Anche perché la critica alla misura è stata proprio quella di trasformare la giustizia civile in una giustizia per censo. 

La responsabilità civile e disciplinare delle toghe

Il deputato di FI, Enrico Costa, è tornato sul tema della responsabilità civile per i magistrati, ricostruendo i numeri: «Le norme sulla responsabilità civile hanno portato in 14 anni a sole 12 condanne di fronte a 815 cause intentate contro lo Stato che hanno finora prodotto 311 sentenze definitive. Ricapitoliamo: Dal 2010 ad oggi, quindi in 14 anni sono state avviate 815 cause di responsabilità civile nei confronti dei magistrati. In media 58 l’anno. Dal 2010 ad oggi ci sono state 311 pronunzie definitive. Dal 2010 ad oggi lo Stato ha subito solo 12 condanne (1,4% delle cause iscritte). Alcune cause certamente si sono infrante contro il filtro di ammissibilità, soppresso dalla riforma del 2015, altre sono state rigettate, altre ancora sono ancora in corso. Ma la tendenza è chiara». E «sono dati chiarissimi che dimostrano che la legge fa acqua da tutte le parti e va modificata. Tutto ruota intorno alla clausola in base alla quale “non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”, che rappresenta lo scoglio sul quale si infrange la responsabilità civile».

Quanto alla responsabilità disciplinare, nel dl giustizia previsto in Cdm lunedì ci sarebbe anche un articolo relativo alle «disposizioni in materia di illeciti disciplinari dei magistrati».

Se finora tra gli illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni c’era “la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge”, con la nuova formulazione della norma, prevista dalla bozza, è previsto l’illecito disciplinare per la “consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi in cui è espressamente previsto dalla legge l’obbligo di astenersi o quando sussistono gravi ragioni di convenienza”.

Giudici costituzionali

Giovedì 28 novembre si riunisce il parlamento in seduta comune per l’elezione dei giudici costituzionali. L’ipotesi è che si possa finalmente arrivare a sbloccare le nomine con un accordo maggioranza-opposizione.

La convocazione, infatti, è stata fatta anche per i tre giudici di nomina parlamentare in scadenza il 21 dicembre. Il parlamento, dunque, ha utilizzato la possibilità di nominare un mese prima della scadenza del novennato i giudici di sua competenza.

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In questo modo si procederà a una nomina a pacchetto, ma con due schede: una per il sostituto di Silvana Sciarra (dopo 9 votazioni a vuoto) per cui basta la maggioranza di tre quinti; una per gli altri tre giudici, alla prima votazione, in cui la maggioranza è dei due terzi del parlamento.

La crisi dei giudici di pace

La protesta non è nuova, nè della categoria della magistratura onoraria nè degli avvocati, che nelle ultime settimane hanno manifestato in molte città italiane per protestare contro la paralisi degli uffici dei giudici di pace.

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Secondo i dati Ocf, a Roma su 210 giudici in organico solo 58 sono in servizio, a Napoli ne operano appena 37 su 250, a Milano 39 su 180. Il dato aggregato sui tribunali monitorati, invece, mostra come siano in servizio appena il 33% dei Giudici di Pace rispetto a quelli previsti in pianta organica.

A fronte di questa carenza di personale, le competenze dei giudici di pace stanno aumentando, visto che dal 2025 si vedranno assegnati anche le controversie in ambito condominiale. Con l’effetto di allungare ulteriormente i tempi della giustizia.

Le parole di Delmastro

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ha usato parole nei confronti dei detenuti che hanno suscitato indignazione nei suoi confronti e anche richieste di dimissioni da parte delle opposizioni.

Alla presentazione a Roma di una nuova auto per il trasporto di detenuti al regime del 41 bis e di alta sicurezza, Delmastro ha detto che «È per il sottoscritto un’intima gioia l’idea di veder sfilare questo potente mezzo, che dà prestigio, con sopra il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria e far sapere ai cittadini come noi sappiamo trattare e incalziamo chi stata dietro quel vetro oscurato e come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato». 

Il governo e anche Giorgia Meloni hanno difeso il sottosegretario, che ha provato a correggersi dicendo che intendeva dire che «non daremo respiro alla mafia».

Nei confronti di Delmastro, sospeso dall’ordine di Biella per il ruolo di governo, è però arrivata una segnalazione all’ordine per l’apertura di un procedimento disciplinare davanti al Consiglio distrettuale di disciplina. A farla, un avvocato del Foro di Milano, Davide Steccanella, che ha scritto: «Ferma restando l’assoluta libertà dell’avvocato Delmastro di provare ‘intimamente’ le gioie che meglio ritiene, che tuttavia, nel momento in cui formano oggetto di pubblica dichiarazione alla stampa cessano per ciò stesso di essere ‘intime’, quella esternazione mi ha procurato un notevole disagio perché proveniente da un collega avvocato» e conclude: «Quest’anno che sono in corso presso i vari Ordini professionali le meritate celebrazioni per i 150 anni di Avvocatura, mai avrei immaginato che sarebbero state le inqualificabili parole di un collega a farmi vergognare di fare parte della nostra gloriosa categoria professionale».

Le motivazioni di condanna De Pasquale/Spadaro

Secondo il tribunale di Brescia, che ha condannato i due pm della procura di Milano per omissione di atti d’ufficio nell’ambito del processo Eni-Nigeri, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno agito con «un preciso calcolo», ovvero «omettere produzioni che avrebbero (ulteriormente) indebolito l’accusa». 

La scelta dei due, quindi, sarebbe stata consapevole e spiegherebbe «la marginalizzazione lamentata dal dottor (Paolo, ndr) Storari», il quale aveva fornito ai due colleghi le prove della falsità del teste chiave.

I due hanno «deliberatamente taciuto l’esistenza di risultanze investigative in palese ed oggettivo conflitto con i portati accusatori spesi in dibattimento (e nella requisitoria) a dispetto delle pressanti esortazioni ricevute da un soggetto “specificamente qualificato”».

I giudici hanno aggiunto che non si contesta «l’uso improprio del potere discrezionale nella scelta degli elementi probatori da spendersi nel dibattimento “Eni Nigeria”, rispetto a cui hanno correttamente affermato la loro piena autonomia, quanto piuttosto di aver trascurato che il pubblico ministero, a differenza di quanto avviene per le parti private che sono libere di perseguire le strategie processuali ritenute più convenienti a tutela dei propri assistiti, non può rivendicare a sé l’esclusività del giudizio sulla pertinenza e rilevanza della prova, arrogandosi una sfera illimitata di insindacabilità».

In sostanza, De Pasquale e Spadaro hanno operato una «selezione ragionata dei soli tasselli in grado di arricchire il mosaico accusatorio, con esclusione delle tessere dimostrative di segno contrario».

I giudici hanno anche parlato di un «quadrilatero» a salvaguardia di Eni-Nigeri presente in procura a Milano, composto dai due condannati, dall’allora procuratore Greco e dall’aggiunta Laura Pedio. L’intento era quello di salvare il processo Eni-Nigeria, per giustificare «le scelte organizzative della procura, che aveva attribuito al III Dipartimento guidato dal dottor De Pasquale – quello che si occupava della corruzione internazionale (chiamato scherzosamente dai colleghi “dipartimento viaggi e vacanze”) – carichi di lavoro inferiori rispetto a quelli di altre aree (“C’era tutto questo tema che aleggiava in procura sul terzo dipartimento … che aveva suscitato un po’ di malumore … nel senso che si diceva che avessero pochi fascicoli rispetto agli altri”)».

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In caso di vittoria, infatti, «il terzo dipartimento sarebbe diventato “fiore all’occhiello” dell’Ufficio milanese”». 

La Camera penale di Roma

L’avvocato Giuseppe Belcastro è stato eletto presidente della camera penale di Roma per il biennio 2024-2026. Alle elezioni per il rinnovo del direttivo ha ottenuto 283 voti. Il direttivo sarà composto dagli avvocati Salvatore Sciullo, Cesare Gai, Francesco Bianchi, Domenico Naccari, Livia Rossi, Francesco Compagna, Eleonora Piraino, Luca Pallotta, Luana Granozio e Silvia Pezzulla.

Nomine al Csm

Procuratore Cremona: nominato Silvio Bonfigli, attualmente procuratore aggiunto Brescia

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Presidente sezione corte appello Catania: nominato Massimo Maria Escher, presidente sezione tribunale Catania

Presidente sezione corte appello Milano: nominata Marianna Galioto, presidente sezione tribunale Milano

Presidente sezione tribunale Salerno: nominato Domenico Diograzia, attualmente giudice tribunale Salerno

Presidente sezione tribunale Bari: nominato Giuseppe Rana, attualmente presidente sezione tribunale Trani

Presidente sezione tribunale Sassari: nominata Stefania Deiana, attualmente giudice tribunale Salerno

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