Gli operatori della subacquea vedono per la prima volta riconosciuta la propria specificità all’interno del contratto collettivo nazionale della metalmeccanica, lanciando così la volata al riconoscimento di quello del palombaro civile come lavoro usurante. Un esito che riguarda tutto il territorio nazionale ma di cui il comparto spezzino, uno dei più importanti in Italia, può dire di essere stato capofila. “Un mondo che nessuno fino a ora aveva preso in considerazione – esulta Giuliana Vatteroni, coordinatrice territoriale CNA La Spezia – e che oggi diventa un soggetto ben definito. Siamo riusciti a ottenere questi risultati partendo dalla Spezia, dove abbiamo colto le domande delle aziende locali che ci chiedevano come inquadrare i nuovi assunti. Con loro e con i sindacati siamo andati a bussare alla porta a livello nazionale, facendo loro presente che nel contratto nazionale mancava una parte che riguardava un certo numero di imprese molto specializzate”.
Dai sub che si occupano dei ripascimenti delle spiagge a quelli che svolgono la minuta manutenzione delle grandi navi da crociera durante le soste o delle condotte sottomarine, ogni città portuale ha almeno un’azienda composta da operatori tecnici subacquei, responsabili, supervisori, operatori iperbarici, tecnici addetti ai mezzi marittimi e operai polivalenti per attività marinaresche e tecniche navali come vengono individuati oggi nel documento. “La parola che è emersa più spesso nelle nostre discussioni è sinergia, quella che ha permesso a sindacati e associazioni datoriali di portare al tavolo gli interessi del comparto – spiega Antonio Varini della Uil -. Abbiamo fatto emergere la specificità di questi lavoratori, sia quelli che vanno sotto il mare sia chi sta in superficie a fare assistenza. Il risultato di una contrattazione durata tre anni; ora puntiamo a un disegno di legge”.
Una delle aziende di punta è la Art Sub di San Bartolomeo, nata nel 1972 quando questo tipo di mestiere era affare da pionieri. Oggi dà lavoro a quaranta persone, la metà sono sub e dell’altra metà una buona parte lo è stato in passato. “È un mestiere che nasce negli anni Sessanta soprattutto in Liguria, tra La Spezia e Genova – spiega l’amministrazione delegato Fabrizio Forma -. Arrivavano navi che avevano bisogno di interventi su eliche e prese a mare senza avere i tempi tecnici per entrare in bacino. Dalla passione di un gruppo di ragazzi che amavano andare sotto il mare è nata una professione. Poi imprenditori visionari hanno pensato di associare queste operazioni a pontoni e natanti con gru”. Si è creato un know how essenziale per il funzionamento dei porti ma anche di tanti servizi urbani, tanto che l’azienda spezzina lavora in tutta Italia e anche all’estero.
I giovani vi si avvicinano sempre di più, attratti dal fascino di un lavoro particolare ma anche dagli stipendi importanti e dalla grande richiesta. “Gli ultimi cinque assunti hanno vent’anni – spiega Forma -. Ma questo è un mestiere in cui anche l’amministratore delegato rimane vicino agli operai ogni giorno. Questo contratto ci dona visibilità, sarà la base per evitare da ora in poi di trovarsi a lavorare con regole diverse da capitaneria a capitaneria. Ci dà dignità soprattutto dal punto di vista della sicurezza, un investimento che riguarda il 25% del nostro budget. Non dimentichiamoci che un palombaro è una specie di astronauta che opera in un ambiente pericoloso e ostile”.
La Spezia rivendica di aver dato impulso a tutto il settore già nella prima parte del Novecento, quando la Galeazzi di Via Oldoini ideò elmi e scafandri che hanno ispirato il resto della produzione mondiale. “Non siamo solo Miglio Blu, anzi qui c’è soprattutto la storia della subacquea – rivendica Varini -. Basta visitare il Museo Tecnico Navale della Marina Militare o farsi un giro alle Grazie”. Ma se gli operatori delle forze armate e dei vigili del fuoco vedono riconosciuto il proprio come lavoro usurante, altrettanto non accade a oggi per civili. Sarà questo il nuovo fronte delle rivendicazioni, annunciano i sindacati.
Nella specificità spezzina c’è poi il desiderio di far parte del Polo nazionale delle dimensione subacquea, che ha già assegnato quattro bandi di ricerca coagulando attorno a sé un mondo fatto soprattutto di grandi aziende (Fincantieri e Leonardo in testa), start up tecnologiche e università pubbliche. Per le aziende civili il desiderio di essere impiegate quantomeno sul campo. “Per noi per adesso è una scatola vuota – lamenta il segretario spezzino della Fiom Cgil, Marzio Artiaco -. C’è un protocollo firmato, ma mancano i contenuti. Questa base contrattuale crediamo possa darci più forza anche nel momento in cui ci metteremo a un tavolo per stabilire le regole del polo di San Bartolomeo. Il settore sarà sempre più importante per questa città e speriamo questo tipo di contratti possano presto essere riconosciuti anche a livello di industria”.
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