Venezia, loro scrivono una lettera al premier Meloni: «Ci aiuti, abbiamo bambini e malati». Si attiva la prefettura
Mettere il passato in valigia e scappare. In fretta, portando con sé solo qualche vestito. In fuga verso la frontiera mentre le sirene continuano a squarciare l’aria e le bombe a cadere. È quanto hanno vissuto milioni di profughi ucraini dal 24 febbraio 2022 ad oggi e sono in molti ad aver trovato accoglienza in Italia. Undici famiglie (31 persone, tra cui 10 minori) sono ospiti del Cas (Centro di accoglienza straordinaria gestito dalla prefettura) di Bibione (Venezia), insieme ad altri richiedenti asilo africani. L’edificio in via delle Colonie, messo a disposizione a titolo gratuito da un imprenditore, entro la fine di gennaio 2025 dovrà però essere svuotato per diventare una struttura ricettiva. E per i profughi ucraini, quasi tutti donne e bambini, sono giorni di angoscia.
Le alternative
Il Comune di San Michele al Tagliamento e la prefettura di Venezia non hanno intenzione di lasciare queste famiglie per strada ma di trovare loro un’altra sistemazione, che però potrebbe essere lontana, in un’altra provincia del Veneto o addirittura in un’altra regione. «Ci hanno parlato di Este, Schiavonia o del Sud Italia — dice una di loro, Katerina Buran — ma noi chiediamo di poter rimanere qui vicino, per permettere ai nostri figli di completare l’anno scolastico, già interrotto per via della guerra». Fra i piccoli ospiti del Cas c’è chi frequenta la scuola dell’obbligo a Bibione, e si è fatto nuovi amici, ma anche chi è iscritto alle superiori, come Daria Makno, passata dal non capire l’italiano ad avere ottimi voti in tutte le materie. «Sono all’istituto Mattei di Latisana — spiega — e mi trovo molto bene. Non vorrei andare via, anche perché ho la Maturità quest’anno». Ci sono poi situazioni molto delicate, come quella di bambino con disturbo dello spettro autistico, una signora in cura al Centro tumori di Aviano, chi è cardiopatico, un anziano con Alzheimer: persone in terapia nelle strutture sanitarie del Veneto orientale e del Friuli e che, in caso di trasferimento, perderebbero ogni punto di riferimento.
Chi sono i migranti
L’ex colonia accoglie persone da ogni parte dell’Ucraina, Paese grande due volte l’Italia: c’è chi proviene dalla capitale Kyiv, chi dalla linea del fronte (Cherson, Donetsk e Donbass). Il signor Leonid abitava a Cernihiv, una delle prime città ad essere attaccate perché vicina al confine. Di lui racconta la figlia Lesya, perché il papà non parla l’italiano e ha gravi problemi di salute: «È stato sfollato per più di venti giorni in casa di amici, di notte si riparavano in cantina. La bomba ha sorpreso mio padre mentre era steso sul divano, in pieno giorno, e lo schienale l’ha protetto. Per il proprietario di casa non c’è stato niente da fare, è morto sul colpo». Le donne ucraine in questi lunghi mesi non sono state con le mani in mano, hanno lavorato come stagionali, ma per loro è impossibile avere un contratto a tempo indeterminato senza rischiare di uscire dal sistema di accoglienza, come spiega l’associazione «Noi Migranti» di Portogruaro, che segue la vicenda: «Il ministero dell’Interno, con una riga di circolare, ha assimilato la gestione dei profughi ucraini a quella dei richiedenti asilo. Tornare a casa temporaneamente, ad esempio per sottoporsi a cure non comprese dall’assegno sociale, o guadagnare più di 6 mila euro l’anno significa perdere il diritto all’accoglienza». Con stipendi così bassi, denuncia quindi l’associazione, è impossibile potersi permettere un affitto in tempi brevi. Nel tentativo di sbloccare la situazione le famiglie hanno scritto alla premier Giorgia Meloni, che fin dai primi mesi del conflitto ha sostenuto l’Ucraina e che, in quanto madre, «può comprendere fino in fondo cosa significa per un bambino o un adolescente interrompere bruscamente il percorso scolastico e perdere gli amici», si legge .
La Croce Rossa
Nei giorni scorsi si è mossa pure la Croce Rossa di Jesolo, che ha dato disponibilità ad accogliere una famiglia, ma l’ha poi rifiutata perché avrebbe portato con sé un cagnolino. «Allontanarli dalla loro bestiola sarebbe stato disumano — il commento di «Noi Migranti» —. E comunque è solo un esempio dei limiti del sistema di accoglienza in provincia di Venezia, tant’è che la soluzione di Bibione si è palesata solo grazie alla generosità di un privato». Il prefetto Darco Pellos sottolinea di essere al lavoro sul caso, «con l’obiettivo di salvaguardare soprattutto l’interesse dei minori», e ha convocato per lunedì mattina a Bibione un vertice a cui parteciperanno rappresentanti del Comune di San Michele al Tagliamento e delle associazioni impegnate nell’accoglienza, cioè «Noi Migranti e «Roksolana», entrambe di Portogruaro
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