Sembra che finalmente l’elettorato dell’Emilia-Romagna e dell’Umbria abbia invertito la tendenza delle vittorie continue del centrodestra. Presentandosi unito, il centrosinistra del cosiddetto “campo largo” ha ottenuto la supremazia. Il raggruppamento Democratico è stato maggiormente premiato, mentre il Movimento Cinque Stelle è stato maggiormente penalizzato, soprattutto in Emilia. Questo aspetto invita a un’accurata riflessione sulle cause.
È doveroso prima espletare un ragionamento sulle motivazioni per cui, nonostante i due anni di governo Meloni, continua la “luna di miele” con gli elettori. Infatti, il centrodestra mantiene un’ampia percentuale di gradimento, nonostante l’azione governativa non sia improntata a consistenti risultati; anzi, si potrebbe dire il contrario.
Basti pensare all’enorme “buonismo” sulla giustizia, a protezione dei burocrati, fonte occulta del malcostume, o all’aberrante legge sull’autonomia differenziata, classico incentivo a sollecitare il demone dell’egoismo all’interno del genere umano. Fortunatamente, la Corte Costituzionale l’ha ridimensionata, se non addirittura affossata.
Il Paese, da nord a sud, si sente insicuro, soprattutto nelle grandi città: il malcostume regna incontrastato, con furti, aggressioni e perfino omicidi che, uniti alle difficoltà di integrazione degli immigrati extracomunitari, rendono la vita sociale difficile, se non tumultuosa.
Questo governo, per risolvere alcune difficoltà del momento e gestire una società diffidente verso il diverso, non ha trovato di meglio che mettere in atto la farsa del trasferimento dei migranti nella vicina Albania, con uno sperpero mostruoso di denaro pubblico.
Stendiamo un velo pietoso sulla questione dell’etica morale, con ministri ed esponenti della maggioranza indagati a vario titolo, ma fermamente incollati alla poltrona, e sulla politica estera, completamente soggiogata in un’apoteosi di autonomia governativa limitata, retaggio di una guerra perduta. Sotto questo aspetto, non si differenziano molto dal governo di centrosinistra che, pur di mantenere il potere, non esita a compromessi non sempre favorevoli agli interessi nazionali. Si possono definire, per antologia, le due facce della stessa medaglia.
Viste le sfarzose passerelle della premier di centrodestra, sarà ricordata come un’eccellente promotrice della moda italiana. Naturalmente, al primo ministro vanno riconosciute eccezionali qualità di persuasione e sicurezza. Ciò nonostante, mantiene uno stabile consenso che le consente di tenere salda la maggioranza, nonostante un senso di insicurezza generalizzato.
Un senso di insicurezza che spaventa e tiene in apprensione gran parte della popolazione, soprattutto la più indifesa, che, casualmente, viene continuamente esposta a trasmissioni televisive che fin dal mattino riportano fatti di malversazione, alternati a programmi d’intrattenimento che amplificano il senso di timore e pericolo. Questo alimenta vecchi convincimenti, retaggi del periodo fascista, come: «Ai miei tempi si poteva lasciare la porta aperta», facendo persistere la convinzione che gli attuali eredi della destra diano più sicurezza.
In pratica, usano con sottigliezza il servizio pubblico per farsi pubblicità occulta, scaricando l’attuale situazione sui precedenti governi. «I disservizi o le lacune sono sempre colpa altrui».
Le ragioni del deflagrante risultato del Movimento Cinque Stelle in Emilia, paragonabile a un crollo elettorale vero e proprio, sono molteplici. Eppure, hanno un leader che ha tutte le caratteristiche dello statista, un leader che, quando ha governato, ha saputo prendersi le proprie responsabilità, senza scaricare su altri le difficoltà del momento. A livello internazionale, ha rappresentato con saggezza e onore il proprio ruolo, direi da statista.
Le ragioni di questo calo sono molteplici, a cominciare dalle agguerrite critiche delle altre forze politiche, che li vedono come usurpatori per il loro modo di essere o voler essere diversi. Il grande exploit elettorale che li portò al governo spaventò gli antagonisti. Questo modo di porsi li ha resi invisi, soprattutto negli enti locali, dove il rapporto tra eletto ed elettore è particolarmente articolato, fatto di sensibilità e opportunismo. Questo atteggiamento, forse un po’ altezzoso, non li favorisce; anzi, vengono perfino derisi, se non sbeffeggiati.
Va tenuto conto, con la dovuta attenzione, che siamo una popolazione in cui è alta l’arte di arrangiarci, e conquistare un voto richiede un’abilità particolare. Racchiudersi in un nucleo a carattere familiare non aiuta di certo. Inoltre, nell’approssimarsi della campagna elettorale, eventuali incomprensioni con il capo storico, che lasciano intravedere conflitti interni, non fanno che peggiorare la situazione.
Resta comunque un fatto: l’ex premier è un personaggio fuori dal comune, certamente di una diversa dimensione, che ha fatto proprie caratteristiche che le altre forze politiche hanno perso lungo il cammino del neoliberismo.
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