Northvolt, la promettente startup svedese nel settore delle batterie, ha richiesto il fallimento sotto il Chapter 11 a causa di gravi difficoltà finanziarie. Con un debito di 5 miliardi di dollari, ora cerca investitori per evitare il collasso
Northvolt, la startup svedese che aveva suscitato grandi aspettative come la principale rivale europea dei colossi asiatici nella produzione di batterie per veicoli elettrici, sta attraversando una crisi senza precedenti. Il 21 novembre 2024, l’azienda ha annunciato di aver presentato istanza di fallimento sotto il Chapter 11 degli Stati Uniti, mentre il ceo e co-fondatore Peter Carlsson ha rassegnato le sue dimissioni. Questo segna un drammatico punto di svolta per una realtà che, fino a poco tempo fa, sembrava destinata a riscrivere le regole dell’industria delle batterie in Europa.
Northvolt: la grande promessa e il crash delle aspettative
Fondata nel 2016 fondata da ex dirigenti di Tesla, Northvolt aveva l’ambizioso obiettivo di diventare il cuore pulsante della produzione di batterie agli ioni di litio in Europa, sfidando i giganti asiatici come le cinesi Catl e Byd, e la sudcoreana LG Energy Solution. Nonostante il grande slancio iniziale, l’azienda non è mai riuscita a entrare tra i primi dieci produttori globali di batterie. Ora, il sogno di diventare il motore della mobilità elettrica europea si scontra con una realtà ben più complessa: un debito che supera i 5 miliardi di dollari, una liquidità insufficiente e una produzione che non riesce a tenere il passo.
Nel corso del 2023, Northvolt ha cercato di risolvere le sue difficoltà finanziarie, ma non è riuscita a raccogliere i fondi necessari per far fronte agli impegni e sostenere la produzione. Il ceo Carlsson ha dichiarato che l’azienda avrebbe bisogno di raccogliere tra 1 e 1,2 miliardi di dollari per evitare una discesa inesorabile, una cifra ben superiore ai 300 milioni che si pensava inizialmente sufficienti. Nonostante l’urgente necessità di liquidità , la startup non si è ancora arresa e sta cercando soluzioni per evitare il collasso definitivo.
La ristrutturazione di Northvolt: il piano per salvarsi dalla crisi
Il ricorso al Chapter 11 non è solo una formalità , ma una vera e propria via di salvezza. Questa legge statunitense consente alle aziende di ristrutturarsi, riorganizzare i debiti e tornare a respirare, a patto che riescano a dimostrare la capacità di riprendersi. Northvolt ha ottenuto un finanziamento di emergenza da 100 milioni di dollari, che, seppur limitato, consente all’azienda di respirare per un po’. Il piano è di completare la ristrutturazione entro il primo trimestre del 2025, ma la strada non è semplice: oltre a riorganizzare i conti, Northvolt sta cercando nuovi partner finanziari disposti a sostenere investimenti cruciali per i suoi impianti in Germania e Canada.
Il piano B: liquidazione ordinata?
Nel caso in cui non riesca a trovare investitori disposti a rischiare, l’azienda ha preparato una strategia di riserva: la liquidazione ordinata dei suoi beni, per evitare un disastro totale. La società di consulenza Hilco Global è già pronta a mettere in atto questo piano, che consentirebbe di gestire la chiusura dell’attività in modo controllato.
A questo punto, la startup svedese si trova a un bivio. Da un lato, l’azienda può contare su investimenti già realizzati e su impianti produttivi all’avanguardia; dall’altro, però, la domanda è se riuscirà a raccogliere i fondi necessari per rimanere competitiva sul mercato. Se non ci riuscirà , Northvolt finirà probabilmente per essere ricordata come l’emblema di un’opportunità mancata e che diventi un monito per altre startup del continente.
Il fallimento di Northvolt avrebbe infatti ripercussioni significative sull’industria europea delle batterie, un settore strategico per la transizione alla mobilità elettrica. Se l’azienda non dovesse farcela, l’Europa rischia di rimanere indietro nella corsa alla produzione di batterie, con i giganti asiatici ancora saldamente in controllo del mercato.
Il futuro di Northvolt: può la startup delle batterie sopravvivere alla crisi?
Nel frattempo, i dipendenti di Northvolt, circa 6.600 sparsi tra sette Paesi, vivono un momento di incertezze, ma il piano di ristrutturazione prevede che l’azienda continui a operare, per quanto con una produzione ridotta. Le sfide sono enormi, ma l’ambizione di Northvolt non sembra essersi affievolita. Resta da vedere se l’azienda riuscirà a risorgere dalle ceneri, o se il suo sogno di diventare il leader europeo delle batterie finirà nella stessa polvere da cui è nato.
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