«Il settore chimico italiano si avvia a chiudere il 2024 con risultati in leggera ripresa rispetto ai forti cali dei due anni precedenti. Risultati trainati più da una normalizzazione dei livelli delle scorte, che da un reale aumento dei consumi. L’Italia gioca un ruolo strategico nel panorama chimico internazionale, posizionandosi tra i leader europei per innovazione e qualità. Il nostro Paese è infatti il terzo produttore chimico europeo (dopo Germania e Francia) e il dodicesimo a livello mondiale. L’industria chimica, inoltre, è fortemente interconnessa a livello europeo e per molte imprese attive in Italia l’Europa rappresenta, di fatto, il mercato domestico. La competitività del settore è condizionata dal sistema normativo e dalla politica energetica, aspetti sui quali il ruolo delle istituzioni europee è sempre più importante»: Giuseppe Librandi, laurea in Ingegneria nucleare al Politecnico di Milano, dal 2019 è presidente e Ceo di Coim Group, multinazionale italiana (fondata nel 1962) del settore chimico, sede a Offanengo (Cremona), con 9 siti produttivi e 9 centri di ricerca in tutto il mondo, compresi Usa, India, Brasile, Singapore, 1350 dipendenti, specializzata nella produzione di poliesteri, polioli, poliuretani e resine speciali per materiali compositi e rivestimenti. Lo scorso anno il fatturato è stato di 1,2 miliardi di euro.
Domanda. Cambierà qualcosa con l’elezione di Trump?
Risposta. Il ritorno di Trump alla presidenza Usa potrebbe influenzare le dinamiche commerciali globali. Per quanto ci riguarda abbiamo per fortuna una presenza consolidata negli Stati Uniti, con un trend da tempo in crescita a prescindere dai colori politici dei presidenti che si sono alternati negli ultimi vent’anni. Quindi siamo preparati ad adattarci anche ai nuovi scenari che si profilano.
D. Quali sono i principali lacci e lacciuoli con cui il settore deve fare i conti?
R. Il comparto chimico si confronta con normative stringenti e complesse. Da un lato è giusto e prioritario garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro e la sostenibilità ambientale ma bisogna evitare che la regolamentazione rallenti i processi di innovazione e investimento ed impatta negativamente sulla sostenibilità economica delle aziende.
D. Che ruolo gioca l’Italia nel mercato mondiale della chimica?
R. Un ruolo strategico, posizionandosi tra i leader europei per innovazione e qualità. Le eccellenze italiane rappresentano un modello di competitività globale, grazie alla capacità di combinare ricerca avanzata e attenzione alle esigenze di sostenibilità.
D. Sul piano energetico meglio puntare sul nucleare o sull’idrogeno?
R. La transizione energetica richiede scelte ponderate. Occorre guardare con interesse a tutte le soluzioni tecnologiche che possano portare ad un beneficio dal punto di vista economico ed ambientale. Il nostro gruppo considera l’ idrogeno meno strategico rispetto all’energia derivante dalle centrali nucleari di ultima generazione.
D. In che modo favorire la ricerca?
R. Fare ricerca e innovare sono le uniche armi che l’industria ha per poter competere in un mercato che è sempre più globale. Oltre alla ricerca interna, noi promuoviamo collaborazioni con università, investiamo in progetti di ricerca condivisi e piattaforme di sviluppo tecnologico. Però ci sono barriere culturali e burocratiche che spesso limitano il pieno potenziale di queste sinergie.
D. Spesso i comitati verdi lanciano j’accuse verso la chimica.
R. È fondamentale distinguere tra pregiudizi e realtà. I comitati a volte pongono interrogativi che vanno ascoltati. Ma bisogna riconoscere che in Europa l’industria chimica è la più avanzata nella tutela dell’ambiente e dei territori. Le legislazioni degli ultimi trent’anni hanno consentito di avere nel vecchio Continente un’industria chimica sostenibile, sicura, a basso impatto ambientale e all’avanguardia sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Noi per esempio abbiamo iniziato a proporre il Bilancio di sostenibilità che documenta le azioni per ridurre le emissioni, ottimizzare i processi produttivi e promuovere l’economia circolare. La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica e sociale, perciò è importante trasferire sul territorio parte del valore che si riesce a creare.
D. C’è discrasia tra domanda e offerta di lavoro?
R. La chimica soffre una carenza di figure tecniche specializzate. Per ovviare al problema (prevediamo un aumento della nostra occupazione del 7%) ci impegniamo nella formazione interna e nella collaborazione con scuole e istituti. I giovani che decidono di avviare il loro percorso professionale nel comparto hanno ottime opportunità di crescita.
D. Quali le linee di sviluppo del suo gruppo?
R. Verso prodotti ad alto valore aggiunto, con un focus su soluzioni innovative e sostenibili, in settori come le bioplastiche e i materiali avanzati per applicazioni industriali. La strategia è crescere nei mercati che consentono di valorizzare la qualità del prodotto e dei servizi, privilegiando il continente americano. Purtroppo l’Europa a causa dei suoi alti costi di produzione e vincoli normativi sta diventando un Continente in cui sarà sempre più difficile produrre ed essere competitivi.
D. Quindi l’acceleratore sarà spinto verso l’estero?
R. L’export rappresenta una componente fondamentale e contribuisce in modo significativo (oltre un miliardo di euro da 90 Paesi) al fatturato. Il gruppo conferma nel 2024 la propria solidità: se da un lato risente della difficile situazione del mercato europeo, dall’altro i buoni risultati dei mercati del Nord e Sud America, hanno consentito di migliorare la performance generale. I progetti futuri includono l’espansione in mercati emergenti e l’apertura di nuovi poli produttivi per rispondere alle crescenti richieste internazionali.
D. Progetti di quotazione a Piazza Affari?
R. Al momento, non è prevista la quotazione in borsa, ma il gruppo continua a monitorare le opportunità finanziarie per sostenere la propria crescita e garantire competitività nel lungo periodo.
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