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Il turismo nell’era dell’intelligenza artificiale, tra opportunità e rischi


Acceleratore o strumento distorsivo? La dichiarazione dei ministri che ha chiuso il G7 del Turismo di Firenze

Pubblicato:22-11-2024 11:49

Ultimo aggiornamento:22-11-2024 11:49


ROMA – L’intelligenza artificiale intesa come nuovo vettore strategico del turismo. Come acceleratore del comparto. Ma anche strumento dalle capacità talmente vaste da innescare processi distorsivi in grado di alterare il mercato, come le recensioni false o le ‘deep fakes‘ che agiscono sul comportamento dei consumatori. I due tempi, contrari e opposti, di questo futuro che è già presente sono stati fissati nella dichiarazione dei ministri che ha chiuso il G7 del Turismo organizzato dal 13 al 15 novembre in una delle ‘capitali’ turistiche del Paese: Firenze.

La questione IA, ormai, interroga e accompagna qualunque campo dello scibile, ogni settore socioeconomico. ‘Croce e delizia al cor’, per dirla come la mise in musica Verdi nella Traviata. La ‘delizia’ è inserita, nero su bianco, nel medesimo documento sottoscritto da Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti: “Tecnologie come l’IA generativa possono ridefinire i confini del turismo, migliorando le operazioni commerciali, l’organizzazione del lavoro e creando nuove opportunità di lavoro”. Inoltre “può contribuire alla sostenibilità del turismo consentendo l’analisi predittiva di dati complessi, permettendo una migliore gestione dei flussi turistici e la pianificazione dei servizi nelle destinazioni, compresa la gestione dei trasporti e dei rifiuti”. E i vantaggi cominciano ad essere misurabili. L’impatto, in cifre e benefici, lo stima uno studio elaborato dalla Fondazione Tor Vergata e da OpenEconomics per il ministero del Turismo che ha guidato il primo summit del settore voluto dalla presidenza italiana.

L’analisi, diffusa durante i lavori del vertice fiorentino, parte da un dato, quello degli investimenti globali in IA nel 2023: oltre 130 miliardi “con previsione di crescita a 1,9 trilioni di euro entro il 2030”, con gli Stati Uniti che guidano la classifica degli investimenti privati, seguiti da Unione europea e Regno Unito. Se la mole è tale da dare alla materia le fattezze dell’imprescindibile, isolando solo il turismo il punto sono le opportunità economiche “significative” di ritorno potenziale: si parla di 3 euro per ogni euro investito nell’area G7. Lo studio, quindi, mette in fila una serie di dati macroeconomici. Come il peso dell’IA sull’aumento della spesa turistica totale, in salita del 5-10% entro il 2030. E l’incremento del valore aggiunto per il Pil: fino allo 0,5-1% entro sempre il 2030.

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E sostiene, in dati, alcuni dei convincimenti messi per iscritto dal documento dei grandi. Come la partita su cui molte città d’arte si stanno avvitando, quella sull’overtourism su cui l’IA, promuovendo destinazioni meno note e incentivando visite in luoghi alternativi, potrebbe essere un utile alleato alleggerendo del 20% i flussi verso le aree sovraffollate. Stessa cosa per la destagionalizzazione dei flussi e la riduzione della concentrazione estiva del 10-15% creando offerte e promozioni mirate fuori stagione.
L’IA, inoltre, è descritta (anche qui) come un volano per l’occupazione. Si va dalla “formazione del personale turistico tramite piattaforme di apprendimento personalizzato”, alla “crescente domanda di esperti in IA e digitalizzazione”.

Tradotto, “opportunità di impiego per i giovani” grazie all’incremento dell’occupazione definita ‘high-skill’, di alta qualità. Lo studio, infatti, definisce in un +15% la domanda su competenze digitali e suggerisce di investire in programmi di formazione IA per il settore turistico e di incentivare un ‘reskilling’ sulle nuove competenze.

Quel che luccica, però, non è tutto oro. Anzi. Proprio i grandi del G7 sentono la necessità “di garantire la sicurezza informatica delle imprese turistiche, la protezione della trasparenza dei dati dei clienti e la responsabilità per evitare danni ai clienti”, ma anche di arginare “gli abusi della tecnologia AI”.
La questione, qui, ruota tutta intorno alla capacità di alterare slealmente la concorrenza. Si va dalle recensioni false alle deep fakes. Il tema è spinoso e non di facile soluzione. La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, però è intenzionata a metterci mano. Le ‘fake reviews, ha detto nella conferenza stampa che ha chiuso il G7, “a volte decretano la morte e la vita delle aziende. Se uno acquista un pacchetto di false recensioni è concorrenza sleale. Occorre avere garanzie che chi fa una recensione abbia realmente fruito di quel servizio. Stiamo lavorando in questa direzione e spero arriveremo a una posizione comune per regolamentare questo aspetto”.

La buona sostanza è che l’intelligenza artificiale comincia ad essere uno dei fattori portanti anche nell’industria turistica. Lo è tra “opportunità e rischi”, scrivono i grandi del G7, che per equilibrare il terreno di gioco puntano sul capitale umano, sullo sviluppo, cioè, di “capacità e competenze necessarie a tutte le parti interessate per sfruttare i vantaggi delle tecnologie digitali, compresa l’IA”.

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