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Il neoliberismo si presenta come un’ideologia messianica, un sistema di pensiero che prospetta la scomparsa dello Stato e della comunità in nome della totale autonomia individuale.
Questa visione, che si ammanta di modernità , è in realtà profondamente utopistica, poiché ignora le dinamiche dialettiche della società e le contraddizioni intrinseche che la sostengono.
Le radici del neoliberismo: il mito dell’individualismo anglosassone*
L’ideologia neoliberista affonda le sue radici nell’individualismo anglosassone, una caratteristica culturale profondamente radicata nelle società britanniche e statunitensi.
Tuttavia, definire questo individualismo come un tratto assoluto sarebbe fuorviante. Come ogni fenomeno sociale, esso esiste in un rapporto dialettico con il suo opposto: lo spirito comunitario.
Per comprendere questa dialettica, è utile risalire alle origini della società britannica. Le popolazioni anglosassoni (Angli, Iuti e Sassoni), note per le loro strutture tribali e orientate all’individualismo, si svilupparono in un contesto che integrava influenze profonde e contrastanti.
Il contributo dell’Impero Romano, ad esempio, introdusse un modello sociale altamente organizzato, basato sulla “villa rustica”, un’unità produttiva paragonabile a una caserma. Più tardi, i franco-normanni imposero un sistema feudale gerarchizzato, che rafforzava l’idea di disciplina e conformità .
Queste influenze crearono le condizioni per un individualismo strutturato, che non sarebbe stato possibile senza la presenza di una “caserma sociale” sottostante: una società disciplinata, ma capace di promuovere la libertà individuale all’interno di confini rigidamente stabiliti.
Il conformismo sociale e il colonialismo
Un altro pilastro dell’individualismo anglosassone fu l’introduzione di sistemi di controllo sociale e assistenziale, come le leggi sui poveri, i mendicanti e i malati mentali, adottate dal Regno Unito prima di altri paesi europei.
La territorializzazione del sistema giudiziario e la creazione di reti assistenziali nelle parrocchie anglicane consolidarono un consenso sociale diffuso.
La Riforma protestante giocò un ruolo cruciale, instillando un conformismo morale che incoraggiava il lavoro e l’obbedienza all’interno del sistema. Questo conformismo fu esportato nelle colonie, dove l’espansione anglosassone replicò un modello basato su una rigida gerarchia sociale, obbedienza e repressione delle diversità .
La libertà individuale, idealizzata come un valore assoluto, non includeva mai chi non aderiva al “seminato”: ne sono una tragica prova i genocidi dei nativi americani, canadesi, australiani e neozelandesi, così come la sistematica assimilazione delle popolazioni celtiche (gallesi, scozzesi, irlandesi, cornici).
Il paradosso del neoliberismo
Nonostante l’ideologia neoliberista proclami la riduzione dello Stato e l’autonomia individuale come obiettivi supremi, la sua applicazione pratica rivela un paradosso: il neoliberismo non può funzionare senza un potente apparato repressivo.
La tanto decantata scomparsa dello Stato si rivela un miraggio, poiché lo Stato stesso diventa uno strumento indispensabile per reprimere il dissenso e mantenere l’ordine necessario al funzionamento del sistema.
Esempi recenti di questa contraddizione si trovano nelle politiche di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Entrambi furono accesi promotori dell’ideologia neoliberista, ma non esitarono a fare ampio uso del potere statale per reprimere sindacati, movimenti di lavoratori e minoranze. La “distruzione creativa” che prometteva di liberare le energie individuali si tradusse in un sistema che soffocava il dissenso e rafforzava la disuguaglianza.
Il mito messianico e la realtĂ
L’attesa messianica di una società senza Stato è, quindi, intrinsecamente contraddittoria. Il neoliberismo ha bisogno dello Stato per sopravvivere, non come ente regolatore, ma come macchina repressiva. Questo dimostra che la promessa di libertà assoluta è un’illusione costruita su fondamenta autoritarie.
In ultima analisi, il neoliberismo non è soltanto un’ideologia economica, ma una narrazione che pretende di cancellare i legami comunitari in nome di un individualismo assoluto. Tuttavia, come dimostra la storia, nessuna società può reggersi su un solo polo senza collassare. Il mito neoliberista, lungi dall’essere una visione emancipatrice, si rivela una trappola che annienta tanto la comunità quanto l’individuo.
*(Fonte)
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