La parola che potrebbe riassumere il rapporto Ismea del 2024 è “resilienza”. L’Italia copre infatti poco meno del 17 per cento dell’economia del settore primario dell’Ue, un’incidenza, in termini di valore aggiunto, che pone il nostro Paese al secondo posto in Europa, preceduto solo dalla Francia (con il 17,4 per cento), ma davanti a Spagna (14,7 per cento) e Germania (13,8 per cento). Una posizione che conferma quella dello scorso anno, nonostante una riduzione del 3,3 per cento del valore aggiunto in termini reali dovuta principalmente dagli eventi climatici avversi. Il rapporto è stato presentato nella sala Cavour del Ministero dell’agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida.
Dalle alluvioni un miliardo di euro di danni
I fenomeni alluvionali in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, le gelate tardive, che hanno interessato il 40 per cento delle aree agricole italiane, specie nel Nord-Est e lungo la dorsale appenninica, e le ondate di calore al Sud hanno causato danni a carico soprattutto di frutta, foraggi e cereali (gelo e brina, siccità e alluvione) attorno a un miliardo di euro. Il primo comparto dell’industria alimentare italiana è il lattiero-caseario, a cui si deve il 14,3 per cento del fatturato complessivo; seguono ortofrutta (8,5 per cento), elaborati a base di carni (8,1 per cento), vino (7,6 per cento) e macellazione di carni rosse (7,2 per cento). Pasta e olio, prodotti di punta dell’export, coprono rispettivamente il 5,7 per cento e il 5,1 per cento del fatturato dell’industria alimentare italiana.
Cresce l’export, malgrado l’instabilità della Germania e le guerre
“Tra gennaio e agosto 2024 l’export del settore agroalimentare è cresciuto del +8,2% arrivando a raggiungere quota 44 miliardi di euro. Un traguardo tanto più significativo se si considera l’incertezza dovuta all’instabilità dell’economia tedesca e ai conflitti bellici in atto”. Lo ha detto il presidente di Ice Agenzia, Matteo Zoppas, intervenendo durante la presentazione.
“I 64 miliardi di euro di export raggiunti dalla filiera dell’agroalimentare nel 2023, che potrebbero arrivare a 70 – ha aggiunto – sono certamente merito della qualità dei prodotti sia dei produttori del settore, delle pmi italiane, delle grandi imprese, degli importanti aiuti giunti dal Governo e dal Sistema Paese, Ice, Sace, Simest e Cdp nella scia della diplomazia della crescita, che danno un importante contributo nel processo di internazionalizzazione delle imprese. Il rapporto presentato oggi da Ismea rappresenta un importante bussola per il comparto, poiché fotografa l’andamento del settore dell’anno appena trascorso. In primo piano resta il tema della contraffazione e dell’italian sounding: a fronte di 64 miliardi di export del settore, subiamo la perdita di 63 miliardi di concorrenza sleale dell’italian sounding. Tutti gli sforzi e gli investimenti compiuti negli anni dagli imprenditori italiani per promuovere la conoscenza del marchio Made in Italy oggi vengono ‘sfruttati’ da chi lo imita ed è per questo che va combattuto a tutti i livelli”.
La crescita del comparto agroalimentare, al netto delle congiunture internazionali e ai danni causato dall’emergenza climatica, è stata confermata anche da Sergio Marchi, neo direttore generale di Ismea. “Dal rapporto Ismea – ha sottolineato – emergono ancora una volta le straordinarie doti di solidità e resilienza dell’agroalimentare italiano, di fronte alle tante sfide di natura macroeconomica, geopolitica e meteo climatica che si è trovato a fronteggiare negli ultimi anni. Un settore che si è ritagliato un posto di rilievo nell’economia nazionale, arrivando a rappresentare, nella sua accezione più estesa dal campo alla tavola, oltre il 15 per cento del Pil nazionale, e che riveste un ruolo da protagonista anche in Europa e nel mondo”.
Il presidente Ismea ha poi aggiunto: “Al nostro Paese si deve quasi il 17 per cento del valore aggiunto agricolo europeo e quasi il 12 per cento di quello dell’industria alimentare, quote che collocano l’Italia ai primissimi posti in Ue, mentre le esportazioni, cresciute di circa il 90 per cento in un decennio, evidenziano una dinamicità superiore alla media europea, mondiale e dei principali competitor. Da segnalare, tuttavia, in uno scenario internazionale di crescente instabilità, la questione della strutturale dipendenza dall’estero di alcune filiere chiave del made in Italy, un tema – sottolinea Marchi – a cui il Masaf e il Governo hanno dedicato particolare attenzione con l’istituzione di uno specifico Fondo per la Sovranità alimentare”, ha concluso.
Lollobrigida: “Risultati eccezionali, ma non ci accontentiamo”
Soddisfatto il ministro Francesco Lollobrigida, che ha ascoltato con attenzione tutti gli interventi: “I dati di questo settore strategico, in questi due anni, vedono risultati eccezionali, ma non ci accontentiamo”, ha detto a margine della presentazione del rapporto.
“Uno dei risultati – ha continuato il ministro – è quello della crescita del nostro export, di più rispetto alla crescita costante negli ultimi anni, specie nel post Covid, ma la crescita più importante per me è quella degli investimenti che crescono del 43,5 per cento. Uno sviluppo che ricerca non il consenso dell’oggi ma i risultati per l’Italia del domani. Gli investimenti in agricoltura sono quelli che rafforzano il nostro mondo, la nostra economia e che sono mancati per troppi anni. L’import ci deve essere ma non possiamo essere ostaggio di nessuno completamente, ci sono filiere deboli come mais, grano tenero, carni rosse, sulle quali abbiamo investito in maniera forte e continueremo a farlo per ricominciare a crescere nella produzione interna perché i dati hanno segnato un calo drammatico, ingiustificato, negli ultimi decenni e quando ci sono crisi geopolitiche impediscono di far arrivare alcuni prodotti dall’estero o a farli arrivare a prezzi maggiorati e su questo stiamo operando con il fondo della sovranità alimentare, con il decreto agricoltura, disegneremo gli interventi della nuova Pac anche orientandoci su questo”.
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