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“Serve prevenzione, territorio e collaborazione” – Popular Science


Circa 24 milioni di italiani sono affetti da una o più patologie croniche, con un costo per il sistema sanitario superiore ai 65 miliardi di euro all’anno. Un quadro allarmante, che rischia ulteriormente di aggravarsi poiché molti fattori di rischio sono strettamente legati all’età. Gestire (e dove possibile arginare) le malattie croniche diventa, dunque, più importante che mai per garantire la salute dei cittadini ma anche la sostenibilità economica del Ssn e, quindi, Paese. Di questo si è parlato il 12 novembre a Roma, al Senato, in occasione del convegno “Viaggio nelle cronicità: percorso del paziente e strategie terapeutiche. Focus: Le malattie cardio-renali-metaboliche”, organizzato su iniziativa del senatore Guido Liris, su iniziativa del quale è nato anche l’Intergruppo parlamentare “Prevenzione e presa in carico delle cronicità”, presieduto dallo stesso Liris. La giornata di lavoro è stata anche l’occasione per presentate sette proposte di policy contenute in un pamphlet elaborato a termine del confronto multi-stakeholder attivato nell’ambito del progetto “Viaggio nelle cronicità”, promosso con il contributo non condizionante di Boehringer Ingelheim con l’obiettivo di accendere un faro e aumentare le conoscenze sulle malattie croniche attraverso momenti di confronto tra rappresentati delle istituzioni, delle Società scientifiche, delle associazioni di pazienti e dell’industria.

Le malattie croniche non trasmissibili rappresentano la principale causa di morte a livello globale e comprendono un ampio spettro di patologie, tra cui diabete, cardiopatie, ictus, malattie respiratorie croniche e tumori. I lavori al Senato – con gli interventi di Loreto Gesualdo, nefrologo e presidente della Fism, la Federazione delle Società medico scientifiche italiane; da Domenico Gabrielli, Direttore Uoc Cardiologia San Camillo-Forlanini e past presidente dell’Anmco; e da Emilio Augusto Benini, presidente Associazione Italiano Diabetici Fand – si sono concentrati, in particolare, su alcune di queste: il diabete, che interessa quasi 4 milioni di italiani (a cui si stima che possano aggiungersi 1,5 milioni di malati ancora non diagnosticati) per una spesa all’anno di 20 miliardi tra costi diretti e costi indiretti. Sono invece 600mila gli italiani con scompenso cardiaco, 4 milioni quelli con malattia renale cronica e 11,6 milioni le persone diagnosticate per la sindrome cardio, renale-metabolica (CRM), 4,7 milioni dei quali presentano simultaneamente 2,5 fattori di rischio CRM (il 79,6% sono ipertesi, il 67% affetti da diabete di tipo 2, il 40% da insufficienza renale, il 44,4% da ipercolesterolemia, il 19% da insufficienza cardiaca).

“L’intergruppo parlamentare ‘Prevenzione e presa in carico delle cronicità‘ – ha spiegato il senatore Guido Quintino Liris– nasce dalla necessità di dare una risposta alla crescente domanda di salute, che è una domanda diversa rispetto a quella di 40 anni fa, quando il Ssn è stato istituito. È una domanda cambiata quantitativamente e qualitativamente, da una parte grazie alle scoperte medico scientifiche che permettono di sopravvivere a lungo anche in caso di molte malattie prima letali, ma soprattutto in conseguenza dell’invecchiamento della popolazione, che si traduce anche in una crescente incidenza e prevalenza di patologie croniche che vanno gestite fuori dall’ospedale, andando negli ospedali e nelle case di comunità, realizzando il DM 77 e riempiendolo di contenuti, puntando prevenzione, diagnosi precoce e anche sulle opportunità offerte dal digitale, dalla telemedicina, dalla telesorveglianza”. Anche, secondo il senatore, “mettendo al centro i medici di medicina generale, chiamati nel ruolo di registi di un network multidisciplinare”. Il territorio, per Liris, è il setting nel quale “è possibile realizzare la migliore risposta alla cronicità, sia in termini di qualità della vita che di tenuta dei conti pubblici. È a questa sanità più efficace e sostenibile che dobbiamo tendere”.

Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute, ha evidenziato come il Governo abbia fin da subito rivolto l’attenzione agli anziani, ne è prova il decreto approvato a inizio 2024. “Sicuramente si può fare ancora molto ed è nei progetti del ministro Schillaci e del Governo passare dall’attuale modello ‘reattivo’ della sanità a un modello ‘preventivo’. Questo significa trasformare la cura, passare da una terapia standardizzata e personalizzata, che oggi può essere realizzata, fin dal primo giorno di vita di una persona”. Questo però, per Campitello, comporta la necessità di una stretta collaborazione tra Comuni, enti di ricerca, istituzioni, associazioni, “perché oggi solo 11% delle donne si sottopone a screening e meno del 5% degli uomini”, ha spiegato.

Per Campitello, però, “anche il fondo sanitario dedicato alla prevenzione, oggi fermo al 5%, deve crescere”. Il Capo Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute ha infine annunciato l’inaugurazione, a breve, di un “prevention hub, un ufficio dedicato alla prevenzione, che avrà l’obiettivo di promuovere la prevenzione a livello nazionale e anche di migliorare l’equità tra Regioni in questo ambito”.

“L’obiettivo comune è allunga la vita dei cittadini, ma anche allargarla, nel senso di garantire che quella vita possa godere della migliore qualità possibile”, ha dichiarato Francesco Banchi, Head of CRM Franchise di Boehringer Ingelheim. Ma in che modo? “Come azienda, la nostra missione è anzitutto portare salute e innovazione. Per questo investiamo tra il 20 e il 25% del nostro fatturato globale nella ricerca, per trovare trattamenti nuovi, più efficaci e più sicuri. Parliamo di oltre 5 miliardi di investimenti solo nel 2023. Attualmente abbiamo in corso, in Italia, oltre 36 studi clinici, che significa anche permettere ai pazienti di poter accedere precocemente all’innovazione”.

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Per Banchi, tuttavia, una sfida come quella di garantire la salute e la sostenibilità in un contesto di domanda crescente può essere vinta solo facendo squadra, con le istituzioni e i cittadini. Dando vita, dunque, a un partenariato pubblico-privato in cui “ciascuno porti le proprie specifiche competenze ma anche le proprie specifiche responsabilità, studiando le migliori soluzioni possibili in un clima di fiducia reciproca”. Soluzioni che Banchi schematizza in una serie di P: “Partneriato Pubblico-Privato; Prevenzione; Precocità intesa come diagnosi tempestiva; Percorsi preferenziali, che significa una presa in carico strutturata; Persone”.

Al convegno anche gli interventi di Matteo Rosso, membro della commissione Affari Sociali della Camera, che ha richiamato l’attenzione sull’umanizzazione delle cure, già citate nel corso dei precedenti interventi, chiedendo uno sforzo, anche alle Regioni, per destinare risorse alla formazione del personale sanitario in questo senso: “Perché a volte una carezza è come una terapia”. Per Gian Antonio Girelli, anch’egli membro della Commissione Affari sociali della Camera, “la prima carezza dobbiamo però saperla fare ai medici e al personale sanitario, che dopo l’attenzione ricevuta in periodo pandemico, sono stati dimenticati”. La salute degli italiani, del resto – ha ribadito Francesco Ciancitto, commissione Affari Sociali della Camera – può migliorare solo se contestualmente si rende migliore il Ssn e le condizioni chi vi lavora, approfittando anche delle opportunità offerte dalla tecnologia.

Il Parlamento è già al lavoro su molti provvedimenti in materia di salute e cronicità, come hanno ricordato Elena Murelli e Annarita Patriarca, rispettivamente segretario della Presidenza del Senato e della Camera, rinnovando l’impegno a sostenere il Ssn e la tutela della salute dei cittadini.

A chiudere la giornata di lavori, la lettura delle proposte di policy contenute nel pamphlet realizzato dal progetto “Viaggio nelle cronicità”. Proposte che, pur riguardando in particolare le malattie cardio-renali-metaboliche per il senatore Guido Liris, “ben ricalcano quanto emerso nel corso di questo confronto anche per le cronicità in generale”. Eccole:
1. Promuovere programmi di screening per individuare precocemente malattie e complicanze che altrimenti verrebbero diagnosticate solo in fase avanzata, quando, anche a causa delle complicanze e delle comorbilità, la qualità di vita del paziente è compromessa e gli oneri a carico del Ssn per il relativo trattamento sono maggiori.
2. Sviluppare campagne di sensibilizzazione per diffondere la conoscenza sulle cronicità e sull’importanza dell’adozione di corretti stili di vita.
3. Favorire un approccio multidisciplinare con il coinvolgimento delle figure coinvolte nella presa in carico del paziente, sin dal momento della diagnosi anche solo di una delle tre patologie concatenate.
4. Creare una rete fra specialisti per la gestione delle cronicità e individuare una figura che svolga il ruolo di coordinatore dell’intero percorso di cura.
5. Definire e uniformare i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) per garantire una gestione ottimale delle patologie in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. L’adozione di protocolli standardizzati assicura che tutti i pazienti, indipendentemente dalla regione o dalla struttura sanitaria in cui vengono trattati, ricevano la stessa qualità di assistenza. Inoltre, i PDTA rappresentano anche un’opportunità per migliorare la comunicazione e il coordinamento fra le diverse figure professionali coinvolte nel percorso di cura.
6. Aggiornare il Piano nazionale delle cronicità (PNC) valutando l’inserimento, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili e in occasione delle future procedure di aggiornamento, delle interconnessioni cardio-renali-metaboliche. A tal proposito, si auspica un meccanismo costante di revisione de piano nazionale delle cronicità.
7. Prevedere risorse dedicate all’implementazione del Piano nazionale delle cronicità al fine di rendere concretamente attuabili gli obiettivi ivi previsti.

Lucia Conti



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