Molti armadi di famiglia ne hanno custoditi almeno uno. Il loden, cioè il cappotto che ha preso il nome per antonomasia dal tradizionale tessuto tirolese, risveglia ricordi che sanno di casa. Può essere quello che indossavano nostro padre o i nostri nonni, ma poco importa se la memoria si confonde. Il loden, con il suo colore verde foresta e la sua superficie infeltrita, è come la Madeleine di Proust: riporta inevitabilmente in superficie emozioni del passato.
Tra i suoi tanti pregi quello di durare una vita e più, tra i “difetti” il colore, quel verde un po’ cupo e poco brillante che fino a ieri l’ha allontanato dalle grazie dei fashionisti. Per l’Autunno Inverno 2024/2025 però il loden rientra in guardaroba da protagonista sotto forma di cappotti e giacche, ma anche di gonne e abiti. Una rivincita che non indugia per niente sul lato folkloristico del panno di lana, ma ne sviluppa il lato più moderno traducendosi in un tailoring elevato, in vestibilità oversize, minigonne e giacche ready to party.
Storia del loden, il cappotto che ha preso il nome dal tessuto con cui è fatto
Tra i più celebri estimatori del cappotto loden c’è la famiglia reale inglese, tra cui Lady Diana che lo indossava fin sopra gli abiti da sera. Ma le origini di questo capospalla in lana sono ben più umili. Una chiusura con bottoni di solito monopetto; un colletto un tempo stile camicia, che oggi gioca con revers e pieghe particolari; infine il lodo — letteralmente, “balla di lana” — il tessuto prodotto in Tirolo al quale il capo deve il nome. A queste caratteristiche si è aggiunto solo in tempi recenti il colore verde — per il quale esiste addirittura un codice colore su Pantone — perché in origine il tessuto grezzo veniva follato, cioè infeltrito, e garzato per renderlo impermeabile e al contempo morbido, ma certamente non tinto.
Via libera allora alle sfumature che la lana delle pecore tirolesi permetteva: dal grigio chiaro a quello più scuro, colori che la moda ha poi ripreso soprattutto negli anni Settanta. Di origine povera e medievale, fu solo nell’Ottocento che il cappotto diventò “di moda”, quando l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria lo scelse per le battute di caccia della nobiltà austro-ungarica: debutta qui l’uso della tintura verde per mimetizzarsi nella vegetazione. Pare servano fino a quaranta giorni di lavorazione per ottenere soli cinque metri di tessuto, e realizzare un cappotto così resistente che tutt’oggi è facile imbattersi in loden vintage in condizioni quasi perfette.
La tendenza loden sulle passerelle Autunno Inverno 2024/2025
Materiale evergreen in tutti i sensi e carico di storia, il loden viene risignificato per l’Autunno Inverno 2024/2025. Le collezioni invernali ne elevano il lato di jolly tra i capispalla, proponendolo in versioni sartoriali perbene come da Bally, o dall’appeal militaresco come da Gucci e Ferragamo. Le due maison italiane giocano — e vincono — di opposti, sovrapponendo il loden ad abiti boudoir effetto vedo-non-vedo. La casa svizzera, fedele al suo heritage alpino, sviluppa una vera e propria antologia di capi realizzati in loden: non solo cappotti, ma anche completi da ufficio per lui e per lei, gonne e persino un abito da cui sbuca una sottogonna pelosa.
Ann Demeulemeester applica invece alla giacca e al cappotto in loden oversize un maxi collo in mongolia: et voilà la perfetta divisa Indie Sleaze grazie al mix con un completo stile lingerie in seta rosa e biker boots da festival. Se Elie Saab sviluppa il lato più romantico del loden, come cappotto-vestaglia con collo scultura a mo’ di flora in fiore, a Roberto Cavalli spetta il lato più sensuale, come minigonna verdone con bottoni gioiello portata con un dolcevita see-through e stivali al ginocchio in pitone. Non c’è dubbio che qui il loden si mantenga divisa da caccia; a cambiare è solo il contesto, dal bosco al nightclubbing.
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